PERCHE' TIENI? PERCHE' BURLI?
IF VII, 25 ss.
Qui vid'i' gente più ch'altrove troppa,
e d'una parte e d'altra, con grand'urli,
voltando pesi per forza di poppa.
Percoteansi 'ncontro; e poscia pur lì
si rivolgea ciascun, voltando a retro,
gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».
Così tornavan per lo cerchio tetro
da ogne mano a l'opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro;
poi si volgea ciascun, quand'era giunto,
per lo suo mezzo cerchio a l'altra giostra.
Gli avari e i prodighi, in maggioranza appartenenti al clero e alle gerarchie ecclesiastiche, sono condannati ad un ballo incessante che li vede disposti su due file e li costringe ad avvicinarsi e ad allontanarsi spingendo pesanti massi con il petto.
Pur essendosi macchiati del peccato contrario, entrambi non hanno saputo vivere un rapporto sano con la ricchezza ed i beni materiali, accumulandoli ossessivamente i primi e sperperandoli in maniera insensata i secondi. Ora «ballano» insieme ed incontrandosi si rinfacciano entrambi la loro colpa.
Virgilio dice a Dante che costoro furono guerci, cioè afflitti da un difetto visivo, una sorta di strabismo che li ha condotti a vedere il denaro ed i beni materiali unicamente come un fine e non come un mezzo per far progredire il proprio tenore di vita ma anche quello della comunità.
Enzo Noris