La storia segue Ahmet (Arif Jakup), un quindicenne appartenente alla minoranza turca degli Yuruk, una comunità seminomade che vive tra le colline remote della Macedonia del Nord. Dopo la morte della madre, la sua vita si consuma tra la scuola, la cura del fratellino che ha smesso di parlare e la sorveglianza delle venti pecore di famiglia. Il padre, uomo severo e legato alla tradizione, impone una disciplina rigida che lascia poco spazio ai sogni. Ma Ahmet un sogno ce l’ha: la musica. Nei ritmi elettronici trova una via di fuga, un respiro di libertà. A scuola condivide questa passione con il suo unico amico, mentre di notte si avventura nei boschi con le cuffie alle orecchie, inseguendo suoni e possibilità. È durante una di queste notti che, per caso, si imbatte in un rave clandestino: luci e bassi pulsanti che, per un istante, trasformano il suo mondo. Quando una delle pecore si perde, la magia si spezza e il senso di colpa lo travolge. Ogni mattina il padre lo punisce con un secchio d’acqua gelata — ma dentro di lui, qualcosa si è ormai acceso. Insieme alla musica, cresce un sentimento proibito per Aya (Dora Akan Zlatanova), la giovane vicina promessa in sposa a un lavoratore emigrato in Germania. Aya conosce bene le regole della comunità, ma nel suo sguardo si accende la stessa inquietudine di Ahmet: il desiderio di scegliere da sé la propria vita. Tra tradizioni che soffocano, desideri inconfessabili e il bisogno di libertà, Ahmet si ritrova sospeso tra il passato che lo trattiene e il futuro che lo chiama, in un racconto di formazione vibrante, fatto di silenzi, battiti e ribellioni interiori.