La storia è ambientata nel 1987, dentro le mura del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Otto cittadini comuni — quattro uomini e quattro donne — vengono chiamati a un compito senza precedenti: pronunciarsi sul destino di 470 imputati nel Maxiprocesso, il procedimento giudiziario più imponente mai celebrato contro Cosa Nostra. Per proteggerli da qualsiasi interferenza, i giurati vengono rinchiusi in un appartamento blindato all’interno del carcere, tagliati fuori da tutto: niente televisione, niente telefono, nessun contatto con il mondo esterno. Solo loro, le montagne di documenti processuali e il peso immenso della responsabilità che grava sulle loro decisioni. Quella che segue è una clausura forzata di trentasei giorni, un’esperienza logorante che mette a nudo dubbi morali, paure profonde, conflitti personali e fragilità inattese. Le tensioni crescono, nascono alleanze improvvise, esplodono scontri inevitabili: ognuno di loro è costretto a fare i conti con ciò in cui crede davvero. Il film non racconta solo l’isolamento di otto persone, ma un passaggio cruciale nella storia della Repubblica. È il momento in cui lo Stato, per la prima volta, riconosce ufficialmente l’esistenza di Cosa Nostra come organizzazione unitaria e infligge una condanna collettiva destinata a cambiare per sempre la lotta alla mafia.