Una notte, su una strada deserta, Rashid (Ebrahim Azizi) è al volante con la moglie incinta e la figlia quando investe accidentalmente un cane. Si ferma, scende, verifica le condizioni dell’animale, poi — con gesto rapido e silenzioso — lo abbatte. Riparte, ma poco dopo l’auto si guasta. La sosta in un’officina segna l’inizio dell’incubo. Vahid (Vahid Mobasheri), il meccanico che lo soccorre, riconosce in Rashid un dettaglio inquietante: il passo claudicante e il suono metallico della protesi che porta alla gamba. Quel suono riapre una ferita mai rimarginata. Anni prima, Vahid era stato incarcerato e torturato da un uomo che tutti chiamavano “Gamba di Legno”. Ora è convinto di averlo di fronte. Accecato dalla rabbia e dalla paura di sbagliarsi, Vahid rapisce Rashid, lo chiude nel furgone e parte verso il deserto, deciso a seppellirlo vivo. Ma Rashid nega ogni accusa. I dubbi iniziano a incrinarsi. Nel tentativo di trovare la verità, Vahid coinvolge altri ex detenuti, ciascuno portatore di un frammento di memoria e di dolore: un libraio, una fotografa, una sposa e il suo promesso, un operaio. Tutti sono convinti di poter riconoscere il torturatore, ma le loro testimonianze si contraddicono, i ricordi si confondono. Nel silenzio del deserto, giustizia e vendetta si confondono, la verità si sfalda e la memoria si rivela un terreno fragile, capace di distruggere tanto chi odia quanto chi nega. Un thriller psicologico e morale, dove ogni gesto diventa un interrogativo e nessuno può dirsi innocente del tutto.
