Collaudatore globetrotter
«La mia vita in viaggio»

L’anno scorso ho passato 322 giorni in viaggio, ho volato per 350 mila miglia, la Luna ne dista 250 mila…», inizia così «Tra le nuvole», film del 2009 diretto da Jason Reitman, basato sull’omonimo romanzo, scritto nel 2001 da Walter Kirn, in cui Ryan, il protagonista, è interpretato da George Clooney. E così, con numeri leggermente al ribasso, ma neanche troppo, potrebbe iniziare a raccontare i suoi ultimi vent’anni di vita anche Fabio Poli, quarantacinquenne originario di Vertova.

«Dal 2000 viaggio circa 250-270 giorni l’anno, sono stato in 59 Paesi, toccando quasi tutti i continenti, tranne l’Australia. In quante città sono stato? Non saprei dirlo, tantissime, a pensarci sembra un numero infinito». Una vita in viaggio per lavoro, quella di Fabio, sempre al servizio della stessa azienda. «La base di lavoro cambia di continuo in base alle disposizioni ed esigenze aziendali. Sono un collaudatore di impianti farmaceutici e cosmetici. Sono arrivato a questa scelta di vita e di lavoro con naturalezza e completa dedizione, oltre a un po’ di fortuna e un lungo percorso personale e professionale sempre alle dipendenze del fidato gruppo Masco, di cui faccio parte ormai da vent’anni, da quando ho lasciato quello vecchio da elettricista di paese. Devo ringraziare l’azienda e la mia compagna Elena che mi hanno permesso tutto questo». Un modo di vivere e lavorare che Fabio ama.

«Come esperienza sono molto soddisfatto. In accordo con la ditta siamo cresciuti piano piano e da quando sono partito non mi sono più fermato. Mi piace molto quello che faccio. Ho visto di tutto: posti difficili, impegnativi, anche a livello logistico, e altri invece molto belli. L’adattabilità è una caratteristica che devi avere per fare questo lavoro, ma anche la passione, soprattutto dopo tanti anni. Per fare quello che faccio ci vogliono sacrifici e dedizione, le parole d’ordine nella vita e nel lavoro sono qualità e sinergia. Sono l’entusiasmo e l’ambizione che mi portano ancora a continuare con questa vita dopo vent’anni. Infatti, anche oggi, ogni incarico è vissuto con lo stesso entusiasmo del primo giorno e lo considero un’esperienza lavorativa e personale unica e formativa».

Ogni viaggio è diverso e unico, a suo modo. «L’80% delle volte sono da solo. Mi occupo sia della parte hardware che di quella di collaudo finale, quindi di solito posso portare a termine un incarico in solitaria. Le tempistiche sono sempre diverse: ho dato completa disponibilità all’azienda e mi fermo il tempo che serve. Se la macchina è piccola mi fermo una settimana magari, come ho fatto in Portorico a gennaio, mentre per un impianto grande posso restare anche un mese o 50 giorni. Dipende dall’impianto, non c’è una regola. Magari vado tre giorni in Germania e poi un mese in India. È molto vario e non c’è nulla di monotono. Il viaggio più lungo è stato in India, quando sono rimasto 70 giorni fisso da solo e in alternanza arrivavano degli installatori e programmatori. A pensarci ora, non so come ho fatto quella volta» dice ridendo. E ogni viaggio gli ha regalato diverse esperienze e gli ha permesso di conoscere una moltitudine di realtà, più o meno complicate. «I luoghi più difficili in cui sono stato sono il Bangladesh, l’Etiopia, Siria, Togo, il Congo e la Costa d’Avorio. Il traffico è una costante comune, come difficoltà. A volte ho dovuto fare anche tre ore di auto ogni giorno per un albergo bello, più quelle di lavoro, e diventava tosto. È meglio però fare uno spostamento lungo piuttosto di non riposare bene. Poche volte, invece, ho avuto difficoltà per il cibo, ma ho avuto sempre la fortuna di trovare clienti che mi hanno trattato bene. Essere accolto bene è fondamentale e io, fortunatamente, sono sempre stato accolto molto bene da tutti i clienti da cui sono stato. Poi, ovviamente, ci sono anche i posti belli. Dal punto di vista dei paesaggi mi è piaciuta molto la Francia con i suoi castelli e la Svizzera per la sua organizzazione e natura. Mentre fuori dall’Europa le Barbados, Bali e il Giappone sono tre destinazioni da non perdere, molto belle. E anche New York è assolutamente da vedere».

Nel suo futuro, Fabio prevede ancora tanti, tantissimi, viaggi. «Penso di continuare a fare il lavoro che sto facendo ora. Magari, ovviamente, a 60 anni, al posto di viaggiare per 250-280 all’anno, viaggerò per 100 o 150 giorni, ma vorrei continuare. Sempre che l’azienda concordi con me. Poi se ci dovessimo rendere conto di non reggere più smetterei, ma la volontà è quella di continuare, senza dubbi». Anche se il lavoro lo appassiona come il primo giorno, Fabio, a volte, ha nostalgia di casa. «Quando sono all’estero mi manca il cibo italiano anche se mi piace provare i piatti locali. Sono un appassionato di cucina. Prima di iniziare questa vita praticavo tanto sport, che ora per ragioni di tempo ho dovuto abbandonare. Quindi i giorni che rimango a casa con la mia compagna cucino. È una passione che ho preso da mia madre, che era una cuoca. Mi piace mangiare bene. Mangiar bene e un letto pulito per me sono la base, poi va bene tutto. E poi mi mancano gli affetti, è normale».

Affetti di cui fa parte, appunto, anche la compagna, Elena, con cui ha una casa a Fiorano al Serio. «La ringrazio per la pazienza e le lunghe attese. Ci rispettiamo molto e questo è fondamentale e condividiamo la passione viscerale per gli animali, da parte mia nata negli ultimi anni. Ringrazio i miei genitori per l’educazione ricevuta e l’apertura mentale, una base solida per costruire il proprio futuro». Fabio spera, quindi, di avere altri 20 anni nel mondo. Forse perché anche per lui, come per Ryan, in «Tra le nuvole», «le cose che tutti odiano del viaggiare: l’aria riciclata, la luce artificiale, i distributori automatici di succhi di frutta, il sushi scadente sono calde reminiscenze che io sono a casa».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA