Da Ardesio agli Usa
contro le malattie renali

Vive negli Stati Uniti e lavora come ricercatrice. Una donna che fa onore ad Ardesio, in Valle Seriana, alla Bergamasca e all’Italia. Vive con la famiglia - il marito Oliver Lenz e i figli Martina, 11 anni, e Paolo, di 8 - a Miami. Qui , dopo anni di sacrifici e di studio ha avuto la soddisfazione di diventare una ricercatrice famosa in tutto il mondo. All’Università di Miami occupa la cattedra di nefrologia, è primario ordinario della stessa divisione e dirige un Istituto di ricerca che attrae scienziati da tutti i continenti. Si tratta di Alessia Fornoni, nata a Clusone l’8 giugno del 1970, e per tanti anni vissuta ad Ardesio.

L’abbiamo incontrata nella casa di famiglia del paese seriano, dove è rimasta pochi giorni per far visita alla mamma, Lina Morstabilini, maestra in pensione originaria di Valgoglio. Il papà Aldo, appassionato di arte e di montagna e fondatore della sottosezione Cai Alta Valle Seriana, è salito al Paradiso di Cantore alcuni anni orsono.

«È stato un periodo molto bello, intriso di serenità. Alle elementari ho avuto la fortuna di avere una maestra straordinaria, Pina Zucchelli, ancora vivente. Un particolare: spesso mi mangiavo le unghie e lei mi rimproverava, ma con fare gentile e convincente. Poi ho frequentato le medie sempre qui ad Ardesio. Già allora, grazie ai miei genitori, ho imparato ad amare profondamente la montagna. Ricordo i bei periodi trascorsi al Roccolo della Corte, in Valcanale, con la zia Bianca Mosconi che mi ha fatto conoscere i nomi dei monti circostanti, degli alberi , dei fiori e di tanti animali che vivono in montagna. E poi le giornate passate nella baita del nonno Agostino, al Sersen, sopra Valgoglio, dove trascorrevo lunghe ore ad ammirare mucche e capre al pascolo o le spumeggianti cascate della Valle Sanguigno che mi trasmettevano, con il loro scrosciare, sensazioni intense, indescrivibili. Sensazioni che, senza dubbio, sono il fondamento della mia tenacia e della mia creatività scientifica. Con i miei genitori sin da piccola sono salita sulle vette più alte delle Orobie e già a 2 anni sciavo con artigianali sci di legno. Da queste esperienze con i miei genitori, e con mio fratello Paolo e mia sorella Antonella, ho imparato a vincere tutte le paure».

«Dopo aver frequentato il liceo scientifico ad Alzano, grazie ai consigli del dottor Runco Raineri, primario di Radiologia all’ospedale di Seriate, ho intrapreso gli studi di medicina presso l’Università di Pavia». Qui si è laureata in medicina e chirurgia nel 1995, iniziando subito dopo il dottorato di ricerca in nefrologia, sotto la guida del professor Antonio Dal Canton, «un educatore istrionico profondamente appassionato al suo lavoro – racconta Alessia –. Tre anni dopo l’inizio del dottorato, Dal Canton mi consigliò di recarmi all’estero per una esperienza di ricerca finalizzata a completare il mio dottorato. Mi dette il manico di un vaso antico in suo possesso, con la speranza che in futuro manico e vaso tornassero insieme a costruire la divisione di Nefrologia all’Università di Pavia. E così con la mia valigetta, un dizionario, diversi libri di Calvino e una serie di letterine da aprire mensilmente, disegnate dalla mamma con i fiori di montagna e scritte dal papà con la sua bellissima grafia, mi recai a Miami».

I primi anni sono stati duri: oltre all’impegno nella ricerca, dal 2001 ha studiato giorno e notte per rifare tutti gli esami di Medicina secondo gli indirizzi americani, così come quelli per la specialità, ultimando il tutto nel 2005. È quindi diventata professore accademico all’Università di Miami dove, nell’arco di 8 anni, è diventata docente ordinario e primario della divisione di Nefrologia. «Grazie ai miei studi, che spero un giorno potranno portare alla prevenzione delle malattie renali – continua Alessia –, sono stata chiamata a tenere conferenze in diverse parti del mondo, percorrendo oltre 150 mila chilometri ogni anno». Le sue scoperte scientifiche, pubblicate su riviste di prestigio, quali il «New England Journal of Medicine» e «Nature Medicine Or Science», costituiscono oggi la base di nuove linee di ricerca utilizzate da scienziati di tutto il mondo. «In questo ruolo di medico e di ricercatore, ho avuto la fortuna di stabilire un costante contatto con Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Negri di Bergamo, un professore che, come me, ha saputo dedicare la sua vita alla nefrologia. A Miami continuo ad offrire opportunità a studenti, medici e ricercatori provenienti da tutte le parti del mondo».

E questo grazie a corposi aiuti economici che le sono stati elargiti dal Governo, da Fondazioni private e da pazienti riconoscenti. «È sempre una grande soddisfazione – sottolinea Alessia – poter aiutare la mia provincia: quest’anno ho ospitato a Miami una bravissima studentessa di medicina di Bergamo, Francesca Valsecchi, e sono certa che grazie a questa esperienza lei avrà una carriera piena di soddisfazioni come la mia. Spero solo che l’Italia ne sappia riconoscere il valore e faccia di tutto per tenere le menti in casa. Tra le tante soddisfazioni, nell’aprile del 2016 sono stata nominata, prima nefrologa italiana, membro dell’American society of clinical investigation, una società ultracentenaria che riconosce medici scienziati che hanno sostanzialmente contribuito a cambiare il corso delle malattie».

Nel bagaglio scientifico di ricercatrice di Alessia Fornoni c’è la scoperta di un farmaco, la Ciclodestrina , in America già in fase sperimentale sull’uomo, che potrebbe evitare la necessità di fare la dialisi. Una scoperta scientifica di altissimo livello. «Sono anche in contatto con l’Università di Bologna – dice la ricercatrice – per cercare di “costruire” una università in Italia che utilizzi i sistemi di studio e di ricerca americani» . Per concludere: «Anche se gli impegni di lavoro e di ricerca occupano gran parte del mio tempo, quando è possibile torno con i miei cari in Italia o in Europa per trascorrere periodi di vacanza in montagna, che tutti, in famiglia, amiamo. Concludo con una frase di Modigliani, che vuole essere un messaggio per i giovani : l’unico dovere è perseguire i propri sogni».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA