Da Casnigo all’Oman:
le diversità arricchiscono

«È stato un salto nel vuoto, un vuoto che è stato subito colmato. Durante il primo anno ho assaporato talmente tante belle esperienze che non mi sono né annoiata, né ho sentito la nostalgia di casa». Terry Bettinaglio, 42 anni, di Casnigo, maestra di scuola dell’infanzia, da agosto del 2015 si trova in Oman, a Muscat, con il marito e i loro figli Elisa e Marco, rispettivamente di 16 e 9 anni.Capitati quasi per caso, in poco tempo il Paese li ha saputi conquistare. Tutto comincia ad aprile del 2015: suo marito da tempo avrebbe voluto lavorare all’estero, così, quando fa la domanda per il trasferimento e gli viene detto di fare una lista di una decina di Paesi preferiti, su suggerimento di un collega, l’Oman viene scelto come terza opzione. Ed è proprio lì che viene assegnato: così Terry, che lavorava alla scuola dell’infanzia a Casnigo, prende un’aspettativa di due anni ed il 29 agosto 2015 insieme alla famiglia parte per questa nuova avventura.

«Quando parlavo del trasferimento ad amici e conoscenti, le reazioni erano le più disparate: “Ma che bello, ma dove si trova?” “Ma non hai paura?”. “Dovrai mettere il velo?”. “ Potrai girare da sola?”. A Muscat affittano casa al Dolphin Village, un residence nel quartiere di Bausher, vicino alle dune del deserto. Marco inizia a frequentare la Gulf International School, mentre Elisa la Muscat International School. «La difficoltà iniziale è stata proprio il dovermi mettere alla guida per portarli a scuola. È stata la cosa più traumatica, anche perché mi avevano detto di fare molta attenzione, di non passare con il semaforo rosso o sarei stata arrestata, e che gli omaniti alla guida erano abbastanza spericolati. Ho fatto l’esame della vista e mi hanno dato la patente omanita. All’inizio mi muovevo con il navigatore: non conoscevo le strade, i semafori avevano tempistiche diverse rispetto a quelli italiani». Lo spaesamento iniziale viene però subito meno grazie all’accoglienza e al calore delle persone con cui entra in contatto, sia omaniti che espatriati di diverse nazionalità: «Già dopo il secondo giorno di scuola, Marco è stato invitato al compleanno di un suo compagno; vengo subito coinvolta nella chat di whatsapp delle mamme della sua classe e una volta a settimana comincio a ricevere inviti per un caffè e una chiacchierata, ogni volta in luoghi diversi. Ho cercato di inserirmi sin da subito nel tessuto sociale, anche per migliorare il mio livello di inglese: non ho frequentato solo italiani. A dicembre ho capito di essere riuscita ad inserirmi in occasione del compleanno di Marco, quando a festeggiarlo con noi c’erano circa 40 persone tra adulti e bambini: canadesi, omaniti, iraniani e non solo».

La giornata tipo di Terry inizia alle 6.30: suona la sveglia, colazione, prepara ai figli il «lunch box», porta i ragazzi a scuola e, se non frequenta le lezioni di inglese al British Council, va a visitare qualche amica per un caffè, oppure in palestra o in piscina, o a fare qualche giro al suq, il mercato tipico locale. Alle 14.30 i ragazzi escono da scuola: Terry va a recuperarli e li porta a svolgere le varie attività extra scolastiche: Marco calcio e nuoto, Elisa tennis.

«L’Oman è un bellissimo Paese, con il mare cristallino come quello della Sardegna e montagne come il Grand Canyon americano, e le dune del deserto. I colori dell’Oman sono caldi, rispecchiano gli omaniti: un popolo friendly e accogliente, c’è molta curiosità verso il prossimo, le diversità sono viste come un qualcosa che arricchisce». A Muscat modernità e tradizione convivono senza problemi: «Ricorda molto le città americane per i suoi mall, i centri commerciali, le strade larghe, i vari brand americani presenti: da Mc Donald, a Pizza Hut, a Starbucks. Abbiamo un amico omanita che ha due mogli, un altro che è divorziato: non è un tabù. Sono realtà che esistono entrambe».

Il 26 novembre, in occasione dei festeggiamenti per il National Day (in realtà cade il 18 novembre, ma i festeggiamenti durano per un po’), Terry e famiglia sono scesi in strada a festeggiare insieme al popolo omanita: «Un Paese molto sicuro: la città era invasa dalla gente, ma il tutto era controllato dalla polizia. Tutto è andato per il meglio». «Per gli omaniti l’Italia è il top dal punto di vista culinario, culturale e di stile. All’interno della Royal Opera House sono molti gli eventi organizzati, con opere liriche di autori italiani. Ho cucinato molte lasagne e tiramisù, tra i piatti più richiesti dai nostri amici».

Il primo Natale, nel 2015, la famiglia bergamasca lo festeggia là: «Avevo portato con me un presepe, ma il resto delle decorazioni l’ho comprato in loco. Abbiamo assistito alla Messa nella chiesa del Santo Spirito: il prete libanese celebra la messa due volte al mese in lingua italiana, e in inglese tutti i giorni. All’interno della chiesa si trova un pianoforte, donato dal Sultano. È stato bello festeggiare il Natale in Oman, anche se particolare, facendo caldo, è stato diverso dal solito. Abbiamo passato la sera della vigilia a casa di un collega di mio marito, a mezzanotte siamo usciti. Non eravamo con i nostri parenti, ma è stato lo stesso un bel Natale, caloroso. A Messa hanno cantato i nostri canti, la situazione era tale che anche chi si trovava lì con noi era come se fosse un nostro parente. Santo Stefano invece lo abbiamo trascorso in spiaggia». La vita in Oman per Terry non ha aspetti negativi, a parte la distanza dai familiari e dagli amici, che si fa sentire: «Ci troviamo a seimila chilometri di distanza da casa. Per l’uomo le radici sono importanti, ma ha anche le gambe per potersi muovere e fare esperienze diverse. Il vivere in un piccolo paese, avere radici forti, mi ha aiutata nell’affrontare questa nuova esperienza. La tecnologia aiuta: qui skype non funziona, ma ci si sente tramite WhatsApp ed usiamo altre applicazioni. E avendo i figli in età scolare, all’inizio non è stato semplice: le scuole sono buonissime, ma hanno un’impostazione diversa rispetto alle nostre. Mio figlio, come la maggior parte dei bambini, apprezza quelle omanita: hanno più vacanze durante l’anno e meno compiti a casa». «Se si parla dell’Oman con chi non ci è mai stato – conclude Terry –, non può capire che ci si lascia un pezzo di cuore. Un’amica di origine spagnola, mamma di un compagno di Marco, mi ha detto che si piange due volte: quando si mette piede in Oman e quando lo si lascia. Siamo stati davvero fortunati a scoprire questa parte di mondo».

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