Da Verdellino agli Usa
studia i nuclei atomici

Come sono fatti i nuclei atomici e qual è l’origine degli elementi chimici presenti nell’Universo? Sono alcune delle fondamentali domande che muovono il lavoro di ricerca di Marco Cortesi. E non solo. Perché la fisica nucleare delle basse energie ha numerose applicazioni utili alla vita di tutti i giorni: ad esempio lo sviluppo di nuovi metodi diagnostici contro il cancro che il fisico originario di Verdellino ha intrapreso durante il dottorato in Israele all’istituto scientifico Weizmann; oppure l’invenzione di tecniche applicate allo sviluppo di centrali nucleari più sicure ed efficienti effettuate nel suo post-dottorato in Svizzera all’istituto Paul Scherrer e al Politecnico di Zurigo

Sbarcato nel nord-est degli Stati Uniti a fine 2013, Cortesi è attualmente il responsabile del laboratorio dei rivelatori di particelle nel campus dell’Università statale del Michigan, un complesso didattico-scientifico a East Lansing paragonabile per estensione a Bergamo.

Su che cosa si focalizzano le ricerche del laboratorio?

«Si cercano di comprendere le proprietà di un oggetto complesso come il nucleo di un atomo, che viene “smontato” nelle sue parti più elementari - protoni e neutroni - così da analizzarne caratteristiche e tipologie di interazione. Per ottenere questa frammentazione attraverso reazioni nucleari, ci si basa su esperimenti effettuati con un acceleratore di particelle: i nuclei vengono accelerati ad elevate energie per mezzo di campi elettro-magnetici e fatti schiantare contro un target; lo studio dettagliato delle varie reazioni nucleari permette di capire quali siano le forze elementari che tengono insieme protoni e neutroni nei nuclei complessi, ma anche di verificare le capacità predittive dei vari modelli teorici sulla struttura dei nuclei atomici».

A cosa serve in pratica tutto questo?

«A capire ad esempio le origini e l’abbondanza degli elementi chimici che osserviamo in natura; a fornire informazioni sui meccanismi di produzione di energia in eventi catastrofici nel cosmo; a comprendere le varie fasi dell’evoluzione di una stella, come il nostro sole. Qui al laboratorio abbiamo la capacità di produrre e studiare isotopi radioattivi rari che non esistono sulla Terra: sono atomi instabili che decadendo spontaneamente emettono energia sotto forma di radiazioni. Alcuni sono molto utili alla società umana e vengono utilizzati come radio-traccianti per la diagnostica ed il trattamento dei tumori, oppure per lo sviluppo di rivelatori di particelle efficaci nella diagnostica medica (Pet). Operiamo anche sullo sviluppo di tecnologia applicata alla scienza dei materiali, o ancora alla sicurezza nazionale e anti-terrorismo per mezzo di strumenti di controllo dei cargo nei porti navali o dei bagagli negli aeroporti».

Come si svolgono le sue giornate al campus?

«Sono a capo del laboratorio dei rivelatori di particelle, coordinando un gruppo di 4 persone. Abbiamo due compiti principali: la manutenzione dei rivelatori attualmente utilizzati per l’acceleratore e la creazione di nuovi che possano incrementare l’accuratezza degli esperimenti. Si va dalla fase di studio di nuove idee con delle simulazioni al computer fino al design meccanico, dalla produzione delle varie parti all’assemblaggio vero e proprio, fino ai test che portano all’implementazione definitiva del rivelatore. Il laboratorio, ospitando numerose infrastrutture, è poi un punto di riferimento per ricercatori e studenti che supportiamo nei loro progetti ed esperimenti. Ci sono infine pratiche amministrative da sbrigare, articoli scientifici da scrivere, oltre a conferenze, riunioni e incontri per la presentazione e divulgazione delle ricerche alla comunità scientifica».

Quali sono le traiettorie di sviluppo future?

«Questo laboratorio sarà attivo ancora per 4-5 anni. Se ne sta costruendo uno nuovo chiamato Frib - Facility for rare isotope beams - su cui il Dipartimento di Energia Usa ha investito 730 milioni di dollari: dal 2021 diventerà la struttura più importante al mondo per lo studio di isotopi radioattivi rari, con la possibilità di produrre più dell’80% degli isotopi che si pensano possano esistere in natura. Questo avrà un impatto fondamentale nel campo della fisica nucleare e permetterà di avere uno strumento unico per l’avanzamento scientifico in medicina, biologia, sicurezza nazionale ed in molti altri campi».

Come funziona la distribuzione delle risorse per la ricerca?

«Percepiamo finanziamenti da fonti del governo americano, per mezzo di agenzie come la National science foundation o il Dipartimento dell’Energia. I fondi vengono poi redistribuiti internamente per mantenere operativo l’acceleratore, ma anche per piccoli progetti, mentre per altre ricerche specifiche ci sono diversi bandi pubblici. In generale, se si è creativi e si hanno buone idee, vengono messi a disposizione tutti gli strumenti necessari per poterle realizzare».

È cambiato qualcosa in questo senso con la nuova amministrazione?

«All’inizio circolava qualche perplessità: Trump aveva tagliato una bella fetta dei soldi destinati alla ricerca, ma per fortuna sono stati compensati dal budget del Senato e ora sono persino leggermente maggiori rispetto al governo Obama. Sulla nuova amministrazione è troppo presto per fare bilanci, sicuramente c’è stata una forte rottura con il passato: non essere un politico professionista, ma un “personaggio” che raccoglie il malcontento della gente, ha agevolato la sua vittoria».

Cosa ne pensi del modello di vita a stelle e strisce?

«Dal punto di vista lavorativo è l’ideale. Faccio invece un po’ fatica e trovo noioso questo stile di vita basato su compere e intrattenimento. Inoltre qui fa piuttosto freddo durante quasi tutto l’anno. La città di East Lansing non ha centro storico, è tutto sparpagliato su larghe aree piene di centri commerciali e ci si deve muovere in macchina. D’altro canto, dal punto di vista naturale offre molto: la zona è colma di parchi e laghi dove praticare attività sportive e rilassarsi. Per farsi un’idea, durante la colazione al mattino, quasi ogni giorno, nel giardino di casa è facile trovare cerbiatti a passeggio. Nella penisola nord del Michigan si fa un’ulteriore immersione nel verde; per esempio c’è un’isola - Mackinac Island - dove sono vietati i veicoli a motore e si gira in bici o a cavallo: senza i rumori tipici della città sembra di vivere a fine ‘800».

Se potessi esportare qualcosa dell’Italia in Usa, cosa sarebbe?

«Tante cose. La storia, la cultura e la sua bellezza. Pur avendo lasciato il mio Paese da più di 15 anni, ho mantenuto una mentalità italiana. Mi manca l’uso quotidiano della nostra “lingua dei sentimenti”, per non parlare del cibo: dico solo che con mia moglie ucraina andiamo a ricercare gli ingredienti più adatti per replicare qualche tipica ricetta nostrana. Accolgo sempre con entusiasmo l’occasione di svolgere conferenze scientifiche in Italia, così da tenere qualche giorno di riserva da passare a Verdello e Verdellino con la mia famiglia».

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