Da Zanica un ristorante
in Thailandia

Sole perenne, un’infinità di sorrisi e, ora, anche un premio luccicante sullo scaffale. La bilancia di Cristian Uleri ha dimenticato cosa sia l’equilibrio tanto tempo fa, quando l’amore per la sua nuova casa ha fatto scivolare sullo sfondo il legame con le sue radici: bergamasco di Zanica, quarantadue anni, da nove (che diventano diciannove ampliando l’orizzonte fino al suo primo approdo) vive in Thailandia, sull’accogliente spiaggia di Hua Hin, centonovanta chilometri da Bangkok, secondo un’indagine la settima città al mondo dove conviene ritirarsi dopo la pensione.

Quasi vent’anni per mettere nuove radici e per cancellare definitivamente l’ipotesi di un dietrofront già visto qualche tempo fa: un lungo periodo in cui Cristian ha visto cambiare ed evolversi la realtà dell’ospitalità italiana all’estero.

Perché lui lavora nel campo della ristorazione: nel 2007 ha aperto un ristorante italiano a Hua Hin, «Da Mario», che mantiene il nome del socio con cui aveva avviato l’attività (Mario Biccai), anche perché, dopotutto, quel «Mario», all’estero, è sempre il perfetto vessillo dell’italianità.

Qualche giorno fa, Cristian, con il suo ristorante, ha ricevuto una certificazione di grande prestigio, il premio Ospitalità italiana nel mondo, conferito dalle Camere di Commercio e dal ministero Affari esteri: un riconoscimento assegnato alle strutture che mantengono uno standard elevato e che utilizzano prodotti di qualità, italiani al cento per cento.

«Da qualche tempo, mi consigliavano di avanzare la mia richiesta, ma non l’ho mai fatto: quest’anno sono stato contattato insieme a qualche altro ristorante italiano di Hua Hin e sono stato l’unico a cui hanno assegnato il premio», sorride Cristian, con la voce sfiorata dall’orgoglio, ma mai dalla superbia.

Per lui, questo step è quasi un’evoluzione naturale di un percorso semplice: «Ho sempre puntato su prodotti italiani, ma negli ultimi vent’anni è cambiato tutto: prima l’importazione era più difficile, ora posso appoggiarmi a una ditta e scegliere tutto ciò che voglio. Per questo, se all’inizio il menu dei miei ristoranti era obbligatoriamente ristretto, ora è molto più ampio e mi posso concedere qualcosa di più elaborato, dagli spaghetti vongole e bottarga alle linguine al nero di seppia, fino alla pizza mascarpone, tartufo e San Daniele. E ogni mese scelgo una regione e propongo i suoi piatti tipici, per fare conoscere meglio ogni sfaccettatura dell’Italia».

La pizza, comunque, resta una delle specialità di chef Cristian, che già ai tempi bergamaschi sfornava prelibatezze dal forno a legna di casa.

Allora, però, la storia era assai diversa: la cucina era una passione, il suo lavoro era quello di rappresentante. Almeno fino al ’96, anno del primo scossone: vacanza di fine anno con amici, Cristian – ventitré anni – vorrebbe andare a Cuba, ma vince il partito della Thailandia e, con la certezza di rimandare i Caraibi all’anno successivo, l’aereo atterra a Bangkok. L’innamoramento per quella terra è istantaneo, così, un anno dopo, ecco l’idea di trasferirsi in loco per un’esperienza di tre mesi: che diventano tre anni, visto che nel mezzo spunta l’idea di aprire un ristorante a Phuket, con il solito Mario, italiano trapiantato da tempo da quelle parti.

Nel mentre, Cristian conosce Jeab, che sposa a Zanica, nel 2000: la vecchia storia si ribalta e una toccata e fuga diventa inizio di un nuovo lungo capitolo, visto che sta per nascere Angelica e la coppia decide di restare in Italia per fare crescere la bimba. Per sette anni, il ritorno al passato: tende piantate a Bergamo e il vecchio lavoro, restando però in società con quel ristorante a novemila chilometri di distanza.

Ma qualcosa, in Italia, sembra mancare e, dunque, nel 2007, il richiamo thailandese vince ancora: a Hua Hin, con Mario, si decide di aprire «Da Mario», che qualche anno dopo resta solo di Cristian. Il resto è storia recente, con un altro ristorante avviato e poi ceduto e con il decennale a Hua Hin ormai dietro l’angolo: detto per inciso, oggi, Cuba – meta di quella vacanza sognata e mai goduta – è ancora terra sconosciuta, mentre la Thailandia è diventata, semplicemente, casa.

Ormai anche più di Bergamo. «La malinconia è durata poco, giusto all’inizio, quando ero solo e non avevo ancora conosciuto mia moglie: oltretutto, i miei genitori ora sono in pensione e trascorrono diversi mesi all’anno qui con me. Il clima, splendido tutto l’anno, mi ha conquistato immediatamente, e, con il tempo, mi sono innamorato di questa mentalità diversa. Credo che non riuscirei più a tornare a vivere in Italia: addirittura, quando torno una volta ogni due anni, mi sento un estraneo, fin dall’arrivo in aeroporto. Per fare un esempio, ho preso l’abitudine di sorridere alle persone che incrocio, in Thailandia è la normalità: in Italia, però, quando lo faccio, mi guardano storto, tutti pensano al doppio fine. È proprio la mentalità italiana che non mi manca per niente: stress e nervosismo qui non esistono, la gente è tranquilla, allegra, rilassata, ride sempre. Il traffico non viene affrontato a suon di clacson, se c’è un incidente stradale la gente scende dalla macchina ed è rilassata. E questo discorso si riflette anche su aspetti più importanti: l’intera nazione è stata messa alla prova duramente dallo tsunami del 2004, ma è ripartita, senza mai piangersi addosso».

Tutto è cambiato, rispetto a quella partenza titubante per la vacanza di vent’anni fa e anche rispetto ai primi anni da thailandese: inizialmente mancavano la famiglia e il vero cibo italiano, poi Cristian se li è costruiti. E, ogni giorno, oggi, trascorre le ore nel suo ristorante (centoquaranta posti spalmati su due piani) a seguire i numerosi clienti: «Il mio lavoro non è troppo dissimile rispetto a quello del rappresentante: dopotutto si tratta di vendere anche ora, dando consigli sul vino e sui piatti». Forse, in effetti, quella è la differenza minore: la vera rivoluzione di Cristian è in ogni altro angolo.

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