Dal Sarpi a Singapore
«In Asia tutto più veloce»

Al liceo classico Paolo Sarpi in Città Alta si è diplomata nel 2000 per iscriversi alla triennale e poi alla specialistica in Biologia all’Università di Pavia passando cinque anni al Collegio Nuovo, una delle residenze di merito della città lombarda. Il giorno prima della laurea la notizia di essere stata accettata al master in Genetica umana dell’Imperial College di Londra.

Per Lia Zambetti, oggi 33enne, fu la prima esperienza fuori dai confini italiani: «Lì ho capito subito che un ragazzo appena laureato compete con il mondo e che noi italiani siamo molto preparati da un punto di vista teorico, ma in media più vecchi dei nostri omologhi europei». Dopo il master, il dottorato in Immunologia/Ematologia all’University College London: «Ma Londra è una città troppo cara e così, dopo 5 anni, mi sono guardata in giro» e ha accettato, tre anni fa, «un’offerta che non si poteva proprio rifiutare», un progetto di ricerca al Singapore Immunology Network, uno dei 18 istituti di ricerca di A*Star. Così addio pioggia della City e buongiorno ai 30 gradi della megalopoli asiatica ritenuta al top della qualità della vita al mondo.

A*Star è la principale agenzia di ricerca e sviluppo a Singapore: come ti trovi?

«Mi trovo molto bene. L’ambiente professionale è ottimo e molto internazionale. Per chi vuole fare ricerca (e ha i numeri, ovvio!) le risorse ci sono. Più in generale, si respira progresso. C’è molto dinamismo nell’aria».

Di che cosa ti occupi?

«Fino all’anno scorso ho lavorato come ricercatrice. Oggi lavoro nell’ufficio di comunicazione scientifica e non faccio più ricerca. Ora tra le mie mansioni ho l’organizzazione di conferenze scientifiche e di eventi di comunicazione/divulgazione scientifica per il pubblico, ma anche sessioni di training in comunicazione scientifica per i miei colleghi scienziati. Inoltre curo la rivista scientifica della nostra istituzione».

Si dice che Singapore è la città più vivibile del mondo. È proprio così?

«Non so se sia la città più vivibile del mondo (non ho ancora vissuto ovunque!), ma per me è sicuramente molto ma molto meglio di Londra dove mi trovavo prima. A Singapore si può vivere molto bene, a patto di rispettare le regole (che però sono chiare, semplici e uguali per tutti) e reggere bene il caldo tropicale (che a me piace, ma mi rendo conto di essere in minoranza). In generale, qui funziona tutto: trasporti pubblici, amministrazione/burocrazia, sanità. E la sicurezza personale è assoluta, ma veramente assoluta. Qui le ragazze possono uscire anche da sole e tornare la notte (o la mattina dopo!) senza il minimo problema. E poi è molto facile e conveniente viaggiare negli altri Paesi del Sudest asiatico».

Che cosa ti colpisce della vita asiatica?

«A parte la densità di popolazione (la maggior parte della popolazione mondiale vive qui, dopotutto... in molte zone nel Sudest asiatico non si è mai soli!), direi il fatto che, in generale, tutta questa parte del mondo corre in avanti. Qui lo sviluppo si vede e si può letteralmente toccare con mano. E poi la cultura, la forte impronta cinese su tutta la regione, la varietà di paesaggi, situazioni e popolazioni, le grandi metropoli (qui una grande città come Milano sarebbe, letteralmente, una fra le tante e nemmeno la più importante)».

Che cosa pensi quando senti le notizie dall’Europa o dall’Italia?

«Quando penso all’Europa, e in particolare all’Italia, noto che non cambia mai nulla. Si parla molto ma si fa poco e, in generale, le cose rimangono sempre le stesse. Penso che sui media ci sia veramente troppa attenzione alla politica interna e troppo poca a tutto il resto (soprattutto notizie dall’estero, scienza, cronaca etc)».

Ti manca Bergamo e per che cosa?

«Oramai non vivo più a Bergamo da 15 anni (fa strano persino a dirlo, ma è così...): a parte la mia famiglia non ho più molti contatti in città tranne qualche amico del liceo. Però ho sentito di recente il mio vecchio professore di greco del Sarpi, Pierangelo Agazzi, che saluto con affetto da Singapore, insieme a Claudio Calzana e a tutta la sezione D degli anni 1995-2000!»

Che cosa vorresti che ci fosse a Bergamo di Singapore e viceversa?

«Se potessi, importerei a Bergamo domani i trasporti pubblici di Singapore: sono frequenti, economici, efficientissimi e capillari. A Singapore, invece, importerei quelle belle giornate d’inverno limpidissime quando, salendo sulle Mura, si vede fino a Milano e oltre. Ecco sì, qualche bella giornata invernale mi piacerebbe averla. Un’altra cosa che porterei a Singapore, se potessi, è l’offerta culturale Made in Italy, molto più vasta e approfondita di quanto non sia possibile avere qui. Infine, mi piacerebbe far traslocare qui anche qualche buona panetteria!»

Hai girato molto, quali sono i Paesi dell’Asia che ti hanno colpito di più?

«Sicuramente il Vietnam (dove sono stata tre volte e credo che tornerò ancora). Asia al quadrato!»

Ci sono parecchi europei lì? E italiani?

«Si, ci sono molti europei. La comunità francese, per esempio, è grande e in continuo aumento. Gli italiani, a confronto, sono molti di meno, dovremmo essere un paio di migliaia, più o meno. Ma sono comunque riuscita a incontrare casualmente un mio vecchio compagno di liceo (stessa sezione, un anno meno di me) che si trovava qui per qualche mese. Prova provata che i sarpini hanno veramente colonizzato il mondo (ciao Lupo!)».

Pensi mai di tornare in Italia?

«Sinceramente no, perlomeno non fino alla pensione (se mai ne avrò una...). C’è ancora così tanto mondo da scoprire fuori, preferisco andare dove non sono ancora stata anziché tornare sui miei passi! Inoltre, quando sono andata via dall’Italia nel 2005, non vedevo molto futuro per le persone della mia età con una formazione scientifica e la voglia di diventare ricercatori. Nel 2015 la situazione non mi sembra cambiata di molto. Se le cose dovessero migliorare in futuro, tornerei molto volentieri in Italia».

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