Elisa, talento della danza
allo Stuttgart Ballet

Se fosse nata ai tempi di Degas, certamente il pittore francese – ossessionato dalle ballerine – l’avrebbe immortalata su tela: silhouette sottile, portamento regale, occhi da cerbiatta e persino delle piccole efelidi pennellate ad arte intorno al naso, Elisa Ghisalberti, 22enne di Mozzo, è la quintessenza della danzatrice. Il risultato di tredici anni passati alla sbarra, tra punte e tutù.

Mozzo, a dire il vero, ha smesso di essere la sua casa da più di una decade: era il 2004 quando entrò all’Accademia della Scala di Milano, per fare nuovamente i bagagli nel 2009 e mettere radici a Stoccarda, Germania; dapprima come allieva della John Cranko Schule – una delle scuole più prestigiose al mondo –, attualmente come componente dello Stuttgart Ballet. «La danza è una carriera misteriosa, in cui non basta soltanto il talento, ma è necessario affiancare la tenacia, la determinazione, la disciplina e la costanza», ama ripetere Carla Fracci. E tutta la storia professionale della giovane Elisa si potrebbe riassumere con la massima della più luminosa étoile italiana.

Talento Elisa ne ha da vendere: lo notano subito le sue maestre di Bergamo, Marina e Rosa, di Step by step e Ballet studio. Dopo pochi mesi di lezione capiscono che quella bambina di 9 anni e mezzo – iscrittasi solo per emulare la sua migliore amica – ha un potenziale enorme, degno del più importante palcoscenico nazionale: supera le audizioni de La Scala, insieme ad altre 10 piccole colleghe (su un totale di 600 candidate). Questione di Dna, forse: a 14 anni la mamma, Debora, era stata campionessa di nuoto, realizzando il record italiano nei 100 metri a farfalla.

Di tenacia ne ha da vendere. Così come il coraggio. «A fine agosto del 2004 ci dissero che da settembre Elisa si sarebbe dovuta trasferire a Milano: medie inferiori alla Manzoni e lezioni alla Scala il pomeriggio», racconta papà Elio, noto giornalista enogastronomico, responsabile di una rubrica anche sulle pagine del nostro quotidiano. «Per questioni lavorative, per noi era impossibile spostarci: affidammo Elisa a una “zia” adottiva, ovvero la mamma di una sua compagna». Nessun pianto? «In quel momento no: lei stava inseguendo il suo sogno ed era in ottime mani. Confesso, però, che la lacrimuccia scappava ogni volta che assistevo a un suo saggio».

Ma la sesta arte sa anche essere spietata (guardatevi «Il cigno nero»). Nonostante i mille riscontri positivi, Elisa non viene ammessa al ciclo successivo, quello corrispondente alle medie superiori. Non si lascia abbattere: torna a Mozzo, si iscrive al liceo delle scienze sociali Mamoli e trascorre i pomeriggi al Ballet studio; concluso l’anno scolastico, sostiene nuove audizioni: Amburgo, Monaco di Baviera, Montecarlo, Firenze, Stoccarda. Tutti vogliono accaparrarsi quel talento che volteggia sulle punte, ma lei opta per la capitale del Baden-Württemberg. «Il perché è presto detto: si tratta di una delle realtà più prestigiose a livello europeo. Ho trascorso un biennio in convitto e a 16 anni – quando in Germania sei considerato adulto – ho preso un appartamento in affitto con due compagne. Mi sono diplomata nel 2012 e, a quel punto, sono stata selezionata per entrare a far parte del corpo di ballo: un onore toccato soltanto a due ragazze delle 20 che si erano candidate».

La compagnia dello Stuttgart Ballet è composta da 70 artisti provenienti da tutto il mondo e le cui tournée segnano ovunque sold out. Merito anche delle étoile, Friedemann Vogel – una vera star – o di Sue Jin Kang, coreana, acclamata come una dea in patria e volto di Louis Vuitton. «Quando calcano il palco finisce sempre con una standing ovation: che ci si esibisca negli Emirati, in Thailandia, Giappone o Germania. Dopo gli spettacoli capita anche a me di essere avvicinata per richieste di selfie e autografi, ma non mi interessa diventare famosa: perché si finisce col perdere la motivazione».

Di recente la bergamasca ha debuttato in passi a due da protagonista. «Mi è stato assegnato il ruolo principale in “Pineapple Poll”, che appartiene al repertorio di John Cranko. La cosa bella della Germania è che la gente partecipa alla vita artistica: il teatro di Stoccarda è sempre pieno, benché conti 2.000 posti a sedere». Le fa eco papà Elio: «Basti pensare che ho cercato di assistere a un suo spettacolo quattro volte, ma sono riuscito a trovare i biglietti soltanto in una occasione».

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