Tra Cina e Giappone
le crociere del tenore

Simone Liconti, 42enne di via Pignolo è partito per Hong Kong nel dicembre 2016 e ora si sta esibendo durante la navigazione nelle acque dell’Oceano Pacifico. Eravamo insieme, a spasso lungo la Promenade des Anglais, il celebre lungomare di Nizza, quando a Simone squillò il cellulare. Un suo caro collega lo chiamava per chiedergli la disponibilità a sostituirlo in un incarico di lavoro all’estero. Soffrire di raucedine per chi di mestiere fa il tenore, è come finire la salsa di pomodoro per un pizzaiolo.

Lì per lì dovette dire di no. «Mi dispiace – disse – sarebbe stata un’esperienza divertente. E poi da noi è sempre più difficile cantare. Ormai i teatri preferiscono i tenori cinesi e coreani: sono in tanti e costano di meno. In Italia i pochi fondi per la cultura sono gestiti male: si tira la cinghia e si finisce per rinunciare alla qualità. Oggi più che cercare una voce, si cerca piuttosto un pacchetto, subito pronto e a basso costo».

Dopo essersi lasciato scappare, suo malgrado, il primo treno, il secondo Simone l’ha preso al volo. Anche se nella storia che stiamo per raccontare, più che di treni parleremo di lussuose navi da crociera. Perché un anno e mezzo dopo quella chiacchierata sulla spiaggia sassosa di Nizza, Simone Liconti, 42 anni, da via Pignolo, sembra aver trovato la sua nuova dimensione. È partito per la prima volta a dicembre dell’anno scorso, destinazione Hong Kong. Da lì si è imbarcato per un lungo viaggio durato cinque mesi tra Cina, Giappone, Corea del Sud e l’estremo oriente russo. A Bergamo è tornato giusto il tempo di una vacanza, poi è ripartito e in questi giorni sta navigando ancora, tra Fukuoka e Nagasaki. Si esibisce quasi tutti i giorni a bordo, tra una tappa e l’altra della crociera, e qualche volta anche nei teatri delle città di costiera dove la nave attracca per una gita sulla terra ferma. «Il pubblico qui è meraviglioso – racconta –. Si stanno aprendo ora alla cultura occidentale e per loro è quasi tutto nuovo. Ti chiedono autografi, fotografie, interviste; ti offrono un drink e vogliono che si parli loro dell’Italia». È l’onda lunga del grande successo dei Tre Trenori, Pavarotti, Domingo e Carreras, che negli anni Novanta hanno spopolato in tutto il mondo, spalancando alla musica lirica le porte d’Oriente.

«Da noi il pubblico è fin troppo preparato – spiega Simone – pretende il massimo, salvo poi accontentarsi dei tenori coreani». Una contraddizione in termini: «L’opera è già difficile per noi – aggiunge – nessun cinese, giapponese o coreano riuscirebbe mai a cantare arie di Puccini, Verdi o Rossini come noi italiani, ma tant’è. Arriverà il momento in cui il pubblico si stancherà e a quel punto si dovrà necessariamente tornare indietro». Nel frattempo non è raro che i ruoli si invertano e che tanti artisti italiani ed europei siano quasi costretti ad emigrare per poter lavorare: «Ma io sono fiero e orgoglioso del mio lavoro qui – dice ancora Simone –. È come se esportassi la pizza napoletana. Il pubblico apprezza, anche se conosce ancora poco, e anche io ho iniziato ad amare le loro culture e le loro tradizioni. E poi gli italiani sono ben visti: si fanno raccontare dei nostri paesaggi, della cultura e della moda. Apprezzano la materialità dei nostri oggetti, che paradossalmente sono loro a realizzare per noi, con la loro manodopera».

Il personale della nave è in gran parte italiano, ma i clienti sono tutti orientali: «Qui lavorano tanti campani, siciliani e pugliesi, forse perché hanno una forte tradizionale legata al mare – racconta –. A bordo la vita è tranquilla, ben strutturata, ci sono delle regole da rispettare, ma si lavora in armonia». E seppure ci siano delle norme di comportamento da seguire nei confronti dei clienti, la possibilità di fare conoscenza non è proibita, anzi: «I giapponesi sono disciplinati, corretti, fin troppo ossequiosi – dice –. Fanno di tutto per farti sentire a casa; è nel loro spirito, lo fanno senza secondi fini. La Corea è più semplice e spartana, un po’ come la Cina, ma ha un’economia forte. Sembra di vedere l’Italia di 50-60 anni fa. La Russia dell’est, invece, è un po’ spenta, fredda. Forse risente ancora dell’oppressione del comunismo; è senz’altro un passo indietro rispetto agli altri Stati. In compenso ho bevuto una vera vodka e assaggiato un tabacco locale incredibile».

La cucina è tra le scoperte che hanno entusiasmato maggiormente Simone, al suo arrivo in Estremo Oriente: «Qui il sushi non ha niente a che vedere con quello che si mangia in Italia: ci sono udon, noodles e ramen prelibatissimi. Lo stesso vale per la cucina cinese di cui, nonostante il numero dei ristoranti aperti anche a Bergamo, conosciamo una piccola parte di quello che propone».

Simone è partito da un anno e non ha alcuna intenzione, per ora almeno, di rientrare in Italia, se non per trovare la sua famiglia e rifare in fretta la valigia. Tuttavia, non è la sua prima esperienza all’estero: ha studiato in Spagna con Monserrat Caballè, cantato in Polonia e, in patria, ha debuttato nel 2007 nei teatri marchigiani, con Tosca e Madama Butterfly di Puccini e con la Traviata di Verdi; ha interpretato Turiddu nella Cavalleria Rusticana di Mascagni e Canio nei Pagliacci di Leoncavallo. E poi ancora in Sicilia, a Mantova e anche a Bergamo, in sala Piatti e nel foyer del Donizetti, per ricordare il maestro Gianandrea Gavazzeni.

Una carriera ormai ventennale, destinata ad affermarsi sempre più all’estero. A bordo, qualche mese fa, Simone ha conosciuto quello che oggi è diventato il suo manager. Chissà, forse un segno del destino. È un importante agente coreano, con il quale sta già preparando un progetto che vedrà la luce la prossima primavera, tra una crociera e l’altra: «Si stanno aprendo tante possibilità – rivela – il piano di lavoro prevede una rivisitazione dell’opera in chiave moderna. Senza nulla togliere alla sacralità delle romanze classiche, l’idea è quella di riproporre le pagine del melodramma italiano in maniera diversa, con un piccolo ensemble a mo’ di lounge, formato da arpa, pianoforte e violoncello». L’appuntamento per discutere dei particolari del progetto è per metà aprile a Seul, a una manciata di chilometri dalla Corea del Nord. Da mesi in viaggio in una delle aree più calde del pianeta, è inevitabile chiedere a Simone se le tensioni internazionali riecheggino anche a bordo: «Qui per fortuna non si avverte nulla – assicura – nonostante visitiamo tutti i Paesi che confinano con la Corea del Nord, siamo relativamente ancora lontani».

Lasciamo Simone al largo di Fukuoka; per noi la giornata è appena cominciata, lui andrà a prepararsi per lo spettacolo della sera: «Tornerò a Bergamo il 1° aprile, ma solo per un paio di settimane – conclude –. Poi sarò di nuovo in viaggio per la Corea del Sud». In attesa di riprendere il largo verso nuovi orizzonti di lavoro.

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