In Svezia con i figli
«Crescano in Europa»

Uscire dalla zona di comfort. È questo il mantra di Mirko Gazzaniga, 38 anni, originario di Pratolongo, frazione di Sotto Il Monte. Una sorta di formula che ripete dentro di sé e che orienta la sua vita.

Uscire dalla zona di comfort significa non crogiolarsi troppo su quelle sicurezze che offre un lavoro ben pagato, vicino casa, in cui ormai ci si conosce tutti, e lanciarsi in una nuova sfida professionale, che comporta qualche rischio, meno certezze, ma che si ritiene possa essere occasione di crescita personale (e perché no, anche economica).

Sarà per questo che alla soglia dei 40 anni, sposato e con due figli piccoli, ha deciso di fare il grande salto: lasciare il posto fisso come client manager alla Esiet spa di Bergamo, dove lavorava da dieci anni, per accettare un incarico a tempo a Stoccolma come facility and security manager per l’Ecdc, l’agenzia dell’Unione europea che si occupa della gestione delle emergenze sanitarie, come per esempio l’epidemia di Ebola. Il primo ottobre ha salutato i suoi colleghi, ha lasciato Presezzo ed è partito per la Svezia: se il periodo di prova di nove mesi darà i risultati che spera dovrà pensare a dove mettere casa per i prossimi cinque anni insieme alla sua famiglia, alla moglie Laura, insegnante di scuola materna, e ai loro due figli, Nicole e Nicholas di 9 e 4 anni.

In un momento in cui tutti difendono il posto fisso, lei decide di lasciare l’azienda per cui lavora da dieci anni. Le avranno dato del pazzo…

«Quando fai una scelta così, devi trovare soprattutto la forza in te stesso e l’appoggio di chi ti vuole bene. La maggior parte delle persone ti scoraggia, ma io ho sempre pensato che è importante uscire dalla zona di comfort».

Facciamo subito i «gufi»: e se il periodo di prova non dovessero andare a buon fine?

«Mi vengono i brividi se ci penso, ho una famiglia da mantenere. Ma non cogliere questa opportunità sarebbe stato un errore. E poi, sa, forse questo è il male del nostro Paese, tutti a piangersi addosso, invece che provare a fare le cose e inseguire i propri sogni. Non voglio dare questo esempio ai miei figli».

Dove ha mosso i primi passi?

«Devo molto alla formazione che ho avuto all’Istituto Pesenti di Bergamo: lì ho sviluppato le mie competenze informatiche e ho iniziato presto a lavorare come consulente per Caboto Sim, una società di intermediazione che nel corso del tempo è entrata a far parte del Gruppo Intesa per poi fondersi con Banca Imi (ex Gruppo San Paolo) e diventare quindi l’investment bank del Gruppo Intesa Sanpaolo. Con gli anni ho capito che l’esperienza nel settore informatico e finanziario è preziosa ma mi mancavano alcune basi concettuali. Così mi sono rimesso a studiare tra pappe e rinunce mie e di mia moglie nel tempo libero e ho ottenuto una laurea in Giurisprudenza con eCampus».

Di che cosa si occupava invece per Esiet Spa?

«Da oltre dieci anni ero client manager. La Esiet Spa è un’azienda leader nel settore Hi-tech e Ict, di innovazione tecnologica. È nata a Bergamo dall’intuizione dei fratelli Andreoli ed è ormai conosciuta in gran parte d’Europa. Io sono esperto di servizi di outsourcing per le aziende del mercato finanziario e assicurativo in Italia e in Europa. Sono approdato alla Esiet Spa nel 2004 e devo molto ai fratelli Andreoli: lo dico perché mi è costato molto andarmene e l’azienda ha sempre creduto in me e mi ha sempre offerto molte opportunità».

Ma…

«Ma qualche anno fa ho iniziato a conoscere più da vicino la realtà delle istituzioni europee. Seguivo infatti l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha base a Parma, sempre per quanto riguarda l’erogazione di servizi di consulenza in ambito It, Information technology e General services. Ho iniziato a venire in contatto con persone provenienti da tutta Europa e ho intuito che non potevo fermarmi in Italia. Forse a breve termine sarebbe stata una soluzione confortevole ma a lungo termine, guardando al futuro, penso che sia inevitabile, anche per chi fa il mio lavoro, confrontarsi con il mondo se si vuole fare il grande salto».

Come è riuscito a entrare all’Ecdc di Stoccolma?

«Ho iniziato a rispondere alle vacancy del mio settore di competenza sui vari siti dell’Unione europea e nel frattempo ho migliorato l’inglese. Per due anni molte richieste sono andate a vuoto... fino a qualche mese fa. Si è aperta una posizione professionale come facility and security manager per l’Ecdc la cui mission è quella di individuare, valutare e comunicare le minacce attuali ed emergenti per la salute umana provocate da malattie infettive. Attualmente ad esempio sta concentrando parte del proprio operato sull’epidemia di Ebola. Io però ho un compito amministrativo: in questo caso rispetto al passato sto dall’altra parte della scrivania, da fornitore di servizi a cliente».

È la prima esperienza all’estero?

«Da un mese sono qui a Stoccolma e cerco di raccapezzarmi tra lavoro, ricerca della casa e soprattutto contatto con la famiglia. Ho viaggiato molto all’estero soprattutto nelle città dei principali mercati finanziari, Bruxelles, Londra, Parigi, Amsterdam senza però mai trasferirmi e mai avrei immaginato di finire nel Nord Europa».

Certo a livello famigliare non sarà una scelta facile…

«Credo di aver fatto questa scelta per me, la mia famiglia e soprattutto i miei figli. Credo che anche per loro crescere con una mentalità europea sia importante, apra anche a loro altre opportunità. È una scelta che non avrei mai potuto fare se non avessi vicino una donna in gamba come Laura che mi ha sostenuto e che in questo momento si occupa dei bimbi. I voli low cost aiutano molto e una volta ambientato penso che non sarà così impossibile vederci. Poi vedremo il da farsi: dopo i nove mesi di prova mi attende un contratto di cinque anni. Io ce la metterò tutta».

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