«Io, emigrante al contrario
Ora dirigo un asilo a Dakar»

Raffaella Brighenti, bergamasca cresciuta a Zanica, da luglio del 2012 vive a Dakar (Senegal), il Paese di suo marito Ibra, con i loro due figli Lisa e M’baye, di 12 e 5 anni.

Diplomatasi al liceo linguistico «Giovanni Falcone» a Bergamo e con una formazione post diploma come educatrice per bambini con disabilità, dopo aver lavorato per qualche anno in ufficio, ha preferito dedicarsi all’educazione e all’assistenza di bambini con difficoltà, prima di partire alla volta dell’Africa.

Come è nata la decisione di trasferirti?
«L’Italia da qualche anno vive una situazione non entusiasmante; mio marito dopo tre anni vissuti nella precarietà ha pensato di provare a realizzarsi nel suo Paese. Ci abbiamo pensato molto bene: con noi sarebbero partiti anche i nostri figli e volevamo essere certi di poter garantire loro una vita il più possibile simile a quella a cui erano abituati perché non soffrissero troppo il cambiamento importante che stavano affrontando. Così dopo un suo viaggio in Senegal per prendere più concretamente tutte le informazioni necessarie per mettere le basi per una “nuova” vita, abbiamo scelto di partire».

Di cosa ti occupi ora?
«Da settembre sono vice direttrice in un asilo nido internazionale a Dakar: mi occupo della programmazione pedagogica, della gestione del personale e del rapporto con i genitori in collaborazione con la direttrice stessa. Fino allo scorso giugno, per un anno e mezzo, ho lavorato come educatrice per bambini con bisogni particolari presso la scuola materna Montessori. Inizialmente lavorare in una scuola, benché lo avessi già fatto, mi sembrava molto strano: usare una lingua che non è la mia (la lingua ufficiale è il francese, ndr) e trovarmi a dire cose che per anni ho detto in italiano in un’altra lingua mi sembrava innaturale. I bambini sono stati maestri in questo, insegnandomi con la loro spontaneità priva di pregiudizi come possa essere semplice e arricchente gestire diversità linguistiche e culturali. Ora mi sento di nuovo me stessa a scuola; appena arrivata non avrei mai pensato che un giorno avrei anche lavorato: per più di un anno mi sono dedicata quasi esclusivamente ai miei figli, che avevano faticato ad ambientarsi, soprattutto la più grande, e a ricostruire molti aspetti della mia vita».

Eri già stata in Senegal prima? Come ti eri trovata?

«Ci ero già stata in vacanza e mi ero trovata molto bene anche se, all’epoca, non pensavo che un giorno ci avrei vissuto con la mia famiglia. Le vacanze, però, sono spesso ingannevoli: non hai orari, non hai impegni, vivi le giornate come meglio credi, senza stress, senza problemi. La vita di tutti i giorni nella quale ti dividi fra casa, lavoro, figli è un’altra storia e la vita in Africa è tutta un’altra storia! Da bergamasca iper programmata in tutto spesso mi scontro ancora con i ritmi di questo Paese; ritmi che sto cercando di prendere per vivere con più tranquillità, ma non è così semplice».

Quali sono le difficoltà che hai incontrato in questi anni?

«All’inizio ho avuto molte difficoltà ed ero pronta a rientrare in Italia subito: le differenze sono davvero tante e anche se quando decidi di trasferirti all’estero metti in preventivo tutto, non si è mai coscienti fino in fondo di ciò che ti aspetta finché non lo vivi. Mio marito è nato e cresciuto qui per più di 30 anni, ma anche per lui certe situazioni erano nuove; anche per lui non è stato così immediato sapere come muoversi. Mi ci sono voluti almeno otto mesi per capire dove andare a seconda delle diverse necessità e un grande aiuto mi è stato dato dai diversi italiani che, vivendo qui da più tempo, hanno saputo darmi molto risposte. A livello morale mi aiuta molto il contatto con altre donne che vivono all’estero grazie al web e a molti siti dedicati a questo tema, in particolare “Donne che emigrano all’estero”, dove posso trovare un confronto e un conforto che mi sostengono in molte situazioni ancora un po’ critiche da affrontare».

Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi della tua nuova vita?

«Il primo aspetto positivo è l’essere vicino all’oceano con il suo senso di pace e di eterno che trasmette, soprattutto al tramonto. Mi piace molto il clima di questo Paese, a parte la stagione delle piogge, e amo la tranquillità della gente: è un Paese pacifico, non ci sono mai state guerre civili, e c’è una grande tolleranza, anche religiosa: musulmani e cristiani convivono fra loro con serenità e rispetto, a differenza di quanto si possa pensare. L’aspetto più negativo è la pochissima attenzione per l’ambiente: per strada c’è sporcizia ovunque, tutti gettano i propri rifiuti a terra con estrema disinvoltura, c’è poca educazione in questo senso e poca sensibilizzazione nei confronti del bene comune. Non amo alcuni aspetti dell’educazione dei bambini e la poca importanza che molte famiglie danno all’istruzione dei propri figli preferendo investire in altro le disponibilità economiche».

Cosa ti manca dell’Italia?

«Sicuramente alcuni affetti di amici e parenti, soprattutto mio fratello e i miei nonni, anche se ho la fortuna di avere i miei genitori con noi a Dakar gran parte dell’anno e questo mi aiuta molto a non sentire troppo la nostalgia di “casa”. Mi mancano alcuni sapori della nostra cucina, soprattutto la pizza con la mozzarella filante: qui la fanno con l’emmenthal e davvero non si può mangiare».

Il tuo futuro dove lo vedi?

«Non so dove sarà il mio futuro, non sono sola a decidere: c’è mio marito che non è bergamasco e quindi non è così ovvio il mio ritorno alle origini; a me non dispiacerebbe, fra qualche anno, ritornare fra le nostre belle colline, ma allo stesso modo mio marito potrebbe voler tornare nel suo villaggio d’origine e rilassarsi all’ombra di un baobab. Non riesco, per ora, a immaginarmi in questo o in quel luogo, ho imparato a vivere alla giornata da quando sono in Senegal: faccio solo progetti a breve scadenza e decido come agire di conseguenza a ciò che mi si presenta. Ho anche due figli e, devo ammettere che il mio futuro lo vedo, più che altro, proiettato nel loro e nelle loro scelte. Chi vivrà vedrà…».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con Brembo S.p.A. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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