Io, imprenditore di successo
non dimentico Rovetta

In Svizzera ha esportato quello che definisce «il pragmatismo tipico dei bergamaschi»: spirito d’iniziativa, sacrificio e l’instancabile voglia di fare. Dopo la cosiddetta gavetta e l’espansione nel settore degli impianti elettrici e telefonici, oggi il classe ‘65 Sergio Barzasi è un’imprenditore di successo nel campo immobiliare elvetico. La sua parabola ascendente si basa su radici orobiche: ha un legame indissolubile con San Lorenzo di Rovetta, dove ha vissuto i suoi primi 11 anni di vita.

Nel ‘76 il padre Giovanni, per dare continuità al lavoro di muratore in Svizzera, ha optato con la madre Maria per il trasferimento della famiglia a Vacallo, un piccolo borgo del Canton Ticino. «In quegli anni, la situazione economica non era facile: vivevamo in una vecchia casa e avevo molta nostalgia del mio paesino d’origine – ricorda Sergio –. Mio fratello Livio, di due anni più giovane, si era invece subito adattato al nuovo contesto. Entrambi in gioventù ci arrangiavamo con dei piccoli lavoretti; dopo il diploma in elettrotecnica e un’esperienza di tre anni in una ditta locale, nell’88 ho deciso di dar vita a un’impresa di impianti elettrici e telefonici tutta mia. Mio fratello si è aggiunto circa un anno dopo, una volta terminati studi analoghi e aver approfondito la lingua tedesca a Zurigo».

Sergio traccia l’evoluzione dell’attività: «All’inizio la giovane età un po’ mi ostacolava: installavamo impianti in piccole case e appartamenti. Con i primi risparmi ho comprato un terreno, costruendo una palazzina venduta nel giro di tre settimane. È stato il primo passo per iniziare a costruire, vendere e commercializzare diverse proprietà immobiliari, collaborando con numerosi ingegneri, architetti e imprese di costruzioni. Entrare a far parte della Giovane Camera Economica, di cui oggi sono socio onorario, è stato un impulso decisivo per ottenere importanti incarichi: lì ho conosciuto imprenditori di 30 anni operanti nei campi più disparati che avevano bisogno di strutture e impianti. Abbiamo anche iniziato a installare centrali telefoniche sul territorio nazionale».

Da un paio d’anni la «Barzasi Sergio&Livio» si occupa esclusivamente di costruzione e vendita di immobili. «Dopo 26 anni di totale abnegazione per il lavoro, ho sentito il bisogno di fermarmi e ritrovare me stesso, focalizzandomi su un unico settore. Nel lavoro io e Livio siamo complementari; lui amministra l’ufficio e finalizza il lavoro che porto tramite la mia rete di relazioni. La vera chiave di volta per il successo imprenditoriale, è stata la mia capacità di creare un valore aggiunto: mentre i nostri concorrenti puntavano tutto solo sul ribasso del prezzo, ho avuto la capacità di offrire grandi appalti e affari ai professionisti che mi davano il lavoro. Così, il circolo si è invertito: sono stati gli architetti che hanno cominciato a “corteggiarci”. È stato un grande salto di qualità. A oggi, in totale, abbiamo raggiunto la cifra di 170 costruzioni, tutte in Svizzera: è il risultato di una vita vissuta a mille all’ora».

Fondatore di un Rotary Club a Milano, vicepresidente del Circolo Bergamaschi del Ticino e attivo in numerosi circoli filantropici, Sergio Barzasi è molto impegnato nel mondo del sociale: «Ricordo tutti i giorni le mie origini. La povertà vissuta in prima persona mi ha portato ad aiutare coloro che vivono situazioni di disagio. Ho finanziato ad esempio una casa-famiglia per ragazzi, borse di studio e lezioni private di recupero per gli studenti di San Lorenzo, oltre a promuovere numerose raccolte benefiche attraverso cene, eventi sportivi e culturali».

Nel 2012 ha poi ricevuto una prestigiosa onorificenza: come scritto nella motivazione ufficiale, «per l’esemplare storia di successo imprenditoriale conseguito senza beneficiare di rendite di posizione, ma esclusivamente grazie a ingegno e iniziativa, spirito di sacrificio e impegno lavorativo e per le benemerenze acquisite nei confronti della comunità», è stato insignito del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica. «Mi è sembrato di vivere un sogno inverosimile e inaspettato. Durante la cerimonia di consegna, al momento dell’inno di Mameli, ho sentito l’italianità battere forte nel mio cuore e mi sono emozionato nel vedere i volti orgogliosi di mia moglie e mio figlio».

La famiglia ha avuto un ruolo chiave per trovare il giusto equilibrio: «Ero ancora un dipendente quando ho conosciuto la mia futura moglie Rosanna: non ho dovuto chiederle il numero perché le ho installato il telefono di casa. Ci siamo sposati nel ’93 e sei anni dopo è nato Riccardo, che vorrebbe intraprendere la strada di architetto. Mi danno tutti i giorni il sostegno e la serenità per affrontare le diverse situazioni della vita».

In Canton Ticino vivono 330 mila persone: più di un terzo sono iscritte all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire): «Negli anni ‘60 e ‘70 in Svizzera c’era necessità di manodopera: venivano rilasciati permessi ad agricoltori, giardinieri, cuochi, camerieri e muratori, come mio padre. L’ultima immigrazione è definibile come quella del ceto medio, formato da professionisti. Nelle sue diverse fasi l’immigrazione è stata una grande opportunità di crescita per la Svizzera. Lo è anche la crisi economica degli Stati intorno; ad esempio, numerosi imprenditori stanchi della burocrazia italiana, attratti dalla riservatezza e dai più accessibili finanziamenti delle banche elvetiche, hanno investito e sono venuti a vivere qui. L’edilizia vive una fase di euforia: lo sfitto è allo 0,8%, dovuto prevalentemente ai traslochi». Sul tema richiedenti asilo e frontalieri – i pendolari dall’Italia sono circa 65 mila – ci sono stati due referendum consultivi per contenere i flussi: «La Svizzera non vuole chiudere le sue frontiere: lo conferma l’ultimo referendum. Bisognerebbe però contrastare un fenomeno di concorrenza sleale: nelle professioni con stipendi liberi, alcuni offrono le proprie prestazioni lavorative a prezzi ribassati perché il compenso risulta comunque vantaggioso rispetto al Paese in cui tornano la sera. In alcuni casi, il lavoratore che vive in Svizzera ha così subìto una flessione dello stipendio, ma il costo della vita rimane per lui molto alto».

«Tornare a San Lorenzo? Mia moglie, scherzando, dice che lavorerò fino a 90 anni. Comunque ci ho pensato, è un’ipotesi, vedremo. I parenti sono rimasti tutti lì, così come alcuni amici. Partecipo sempre alla cena dei coscritti e vado alla continua ricerca delle mie radici, evocando nella mente i miei ricordi di bambino. Là è rimasta la vecchia casa dei miei genitori, scomparsi nel 2002: sono molto dispiaciuto di non aver condiviso pienamente quelle gioie e quelle soddisfazioni che sognavamo insieme».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per tre mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected]

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