«Parlando di vini
son diventato francese»

«Proprio quando sono arrivato io - racconta - una circolare (l’anno dopo subito abrogata) stabiliva che chi aveva fatto francese alle medie doveva per forza continuare con la stessa lingua al liceo».

Oggi Iadarola, nato a Bergamo 54 anni fa, è da 11 anni il Segretario generale della Camera di commercio italiana di Lione. Vive in Francia ormai da 25 anni, ci fu spedito nel 1990 dalla allora Banca Popolare di Bergamo «che voleva aprire delle filiali all’estero». Erano i tempi dell’ingresso del Credito Bergamasco nell’orbita del Crédit Lyonnais e gli affari delle imprese bergamasche oltralpe erano vivaci. «Pensavo di restare tre o quattro anni e sono ancora qui. Pensavo di fare il commerciale, invece ho dovuto mettere in piedi una banca: occuparmi dei cantieri, dello sviluppo del sistema informatico, della contabilità. Si prevedeva di raggiungere l’equilibrio in cinque anni, dopo due eravamo già in utile».

Ha deciso subito di vivere stabilmente in Francia, di non fare il pendolare: «Per come sono fatto io, rientrare il venerdì sera per ripartire il lunedì mattina non era pensabile: rischi di non vivere più né nel posto da cui vieni né nel posto in cui vai». Aveva conosciuto Eloisa Granata, nata in Svizzera da famiglia italiana, che - guarda caso - parlava già francese pure lei: «Ci siamo sposati e da subito casa nostra è diventata Lione». Oggi hanno tre figli, la prima è laureata (a Milano) in Fisica.

Entrare nella mentalità del suo Paese di adozione non è stato immediato, ammette: «Si dice spesso che i francesi sono un po’ sciovinisti, che guardano dall’alto in basso chi viene da fuori. In realtà non è disprezzo per gli altri, qui c’è un livello di passione, amore, stima per la propria storia tale, che viene prima di qualsiasi altra cosa».

Per chi arriva da fuori però può essere un ostacolo. Negli affari «c’era sempre una grandissima cordialità, gli inviti si ripetevano ma non si riusciva a concretizzare, dal punto di vista operativo nella rete non restava nulla». Un giorno improvvisamente qualcosa cambia: «Ero invitato a pranzo. In Francia a un pranzo di lavoro non si parla mai di lavoro, dunque cominciano a discutere di vini, ovviamente francesi, da abbinare al pesce. Allora, anche per rompere il ghiaccio, oso: “Perché non prova il Picpoul, è un bianco della Linguadoca, gradevole, fresco…”. Non lo conosceva. “La ringrazio, prendo nota”. Rientro in ufficio e mezz’ora dopo quella stessa persona mi chiama e fissa un appuntamento con a tema il business. Cosa era cambiato? Di colpo non ero più lo straniero, ero diventato uno di loro».

Iadarola nella vita del Paese che lo ospita è entrato a fondo, tanto da essere eletto in una consultazione amministrativa, in un Arrondissement di Lione, dove ha governato per 7 anni, «unico straniero - senza doppia cittadinanza - eletto in una grande città francese». In fatto di tempismo bisogna dire che ha un certo talento: «Era il 2000, il primo anno in cui gli stranieri alle amministrative potevano votare e anche essere eletti. La campagna “porta a porta”, o come lo chiamano qui, “metodo Tupperware”, mi ha permesso di conoscere realmente il quartiere in cui vivevo, dai notabili alle case popolari. Ho ricevuto una delega sulla scuola, sulle associazioni, sulla “vita internazionale” - è un quartiere di consolati».

Lione – racconta Mirco Iadarola - dal punto di vista della dimensione e del dinamismo è una Milano: è il secondo polo economico francese. Ma la gente va ancora al lavoro anche a piedi, e assomiglia di più a quella di Bergamo: «Ho trovato una grande intraprendenza e attivismo economico; il divertimento per un lionese spesso si riduce a un ristorante - è la capitale gastronomica della Francia – la sera o a un cinema». Come il bergamasco il lionese «è caratterizzato dalla voglia di fare e da una grande dedizione al lavoro. I rapporti umani sono a volte difficili e lunghi da conquistare, ma poi rimangono fedeli nel tempo».

Nel 2004 la svolta: «Con la nascita di Bpu banca hanno deciso di chiudere la nostra filiale di Lione. Avevo due strade: o rientrare a Bergamo o cambiare mestiere. Una decisione difficile. Ho preso un periodo di ferie per pensarci su, con la mia famiglia, ma quasi subito si è presentata l’opportunità della Camera di commercio italiana che cercava un nuovo Segretario generale. Ho presentato la mia candidatura, come italiano che lavorava in Francia da anni, conosceva il mondo delle nostre aziende, e sono stato scelto».

È stata «una scommessa innanzitutto con me stesso e con chi mi assumeva: mi proponevano uno stipendio che era un terzo di quello che prendevo in banca: “Non possiamo permetterci di più”. Ho accettato, ma chiedendo da subito degli adeguamenti se i risultati fossero stati buoni: nel giro di cinque anni abbiamo raddoppiato il fatturato». Spaziando dall’agroalimentare alle imprese aerospaziali, dalla meccanica alle biotecnologie.

Ma sono arrivati anche tempi duri: «Un tempo il contributo dello Stato italiano era anche sopra il 50%, oggi è circa il 12%. L’ultima finanziaria ha penalizzato ulteriormente la nostra attività, il capitolo di spesa di tutte Camere di commercio è stato ulteriormente ridotto del 60 per cento, 3,5 milioni in meno sulle 81 Camere italiane all’estero, che fanno attività di sostegno alle aziende italiane, soprattutto medio-piccole e piccole, quelle che pur avendo prodotti interessanti di solito non hanno al proprio interno una gamma di servizi e di attività che permetta di affrontare in modo ragionevole e ragionato l’avventura dell’export».

Iadarola torna spesso anche in Italia, e non solo a Bergamo. Tiene seminari per spiegare a chi vuole esportare chi si troverà davanti: «Per me il francese è un italiano che si prende per un tedesco. È uno a cui piace mangiare, il buon vino, la compagnia. Ama profondamente la vita come noi. Ma nel momento in cui cominciate a parlare di lavoro, attenzione: è un tedesco. Vi parlerà di business plan, sarà attentissimo al rispetto delle scadenze ed estremamente vigilante sul mantenimento della qualità nel tempo».

La sua Camera di commercio – attraverso quella bergamasca - appoggia anche molte aziende nostre, ad esempio nel partecipare a grandi fiere francesi come Sirha, il Salone internazionale dedicato a ristorazione, alimentazione e ospitalità alberghiera. In occasione di Expo sta organizzando incontri di operatori francesi con le nostre aziende. A Lione hanno appena presentato Expo 2015, su un battello attraccato a bordo Rodano, con più di 300 persone invitate e una degustazione di prodotti tipici italiani: «Sono distrutto» risponde di sabato notte, ancora al lavoro. «Lavorare con gli italiani ormai è diventata una cosa complicata… Nonostante questo, la rappresentante di Expo, che in questi mesi ne ha fatte centinaia di serate del genere, ha detto che la nostra era la migliore che avesse visto». L’orgoglio del lavoratore bergamasco - pardon: lionese - come si vede è intatto.

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