Come stanno?

Grazie a un articolo dell’agenzia Ansa sappiamo che il critico Vittorio Sgarbi, ricoverato al Policlinico di Modena per un’ischemia cardiaca, «sta bene».

Non lo sappiamo direttamente, cioè grazie all’informazione raccolta da un giornalista presso l’ospedale o presso il critico stesso, ma solo perché l’Ansa ha «ripreso» un post di Sgarbi su Facebook. In esso, il critico ha inserito una foto del monitor che, accanto al letto, tiene sotto controllo i suoi parametri – in pratica un costante elettrocardiogramma – e vi ha aggiunto le parole «tutto bene». C’è poco da fare quelle facce. Vittorio Sgarbi è un personaggio pubblico, molto amato e molto detestato, suscita interesse e, come si dice, «ci sta» che l’Ansa, accanto a notizie dagli interni e dagli esteri, vicino allo sport, alla cultura e all’economia, trovi spazio per darci conto delle sue condizioni di salute. E «ci sta» anche che noi, in una parentesi della giornata, troviamo il tempo per informarcene. Inoltre, come si diceva, Sgarbi «è su Facebook» e tanto basta a renderlo disponibile alla pubblica curiosità.

Singolare e strano, semmai, è che noi si sappia dell’elettrocardiogramma del focoso Vittorio e non si sia ancora trovato il tempo di visitare la zia ricoverata in casa di riposo o il nonno che, bizzarri come sono gli anziani, vive a cinquanta chilometri di distanza. Non solo: l’ostinato vecchietto rifiuta di iscriversi a Facebook e ogni volta che sente dire «Twitte»” non reagisce meglio di quando gli si nomina l’Irpef o la prostata. Si limita a vivere, lui come tanti, tantissimi anziani, una vita ormai clandestina appunto perché non documentata in Rete. Gli anziani appaiono di tanto in tanto nei nostri “post” in qualità ospiti ma soprattutto come fuggevoli comparse: si dedica loro un po’ di spazio al compleanno, o perché li ritroviamo alla tavola di Natale. Per il resto, non si sa cosa fanno, cosa dicono, cosa pensano e cosa temono. Vivono ostinatamente offline: mi spiegate come facciamo noi a sapere come stanno?

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