La fatica del sapere

Il problema, nell’assimilare le informazioni circa il futuro tecnologico che ci aspetta, non è tanto comprenderle, quanto adattarle ai meccanismi con cui, oggi, gestiamo il presente.

Mi rendo conto di essermi incartato, e vedrò di spiegarmi con un esempio. Incominciamo con leggere alcune righe da una notizia diffusa nei giorni scorsi dall’agenzia Ansa: «Si potrà imparare senza fatica: lo testimonia uno studio dei ricercatori degli Hrl Laboratories, con sede in California, sulla stimolazione cerebrale. Questi scienziati, infatti, avrebbero messo a punto un simulatore che può alimentare le informazioni direttamente nel cervello di una persona, esattamente come accadeva nel film cult “Matrix”».

Se ho capito bene, in futuro, per apprendere qualunque materia, non sarà più necessario “studiare”, ovvero costringere la mente a uno sforzo attivo, quasi muscolare, per arrivare ai due traguardi fino a oggi necessari: la memorizzazione dei dati e la loro comprensione. “Imparare” sarà invece come scaricare un album di Morgan sull’iPhone: qualche minuto di una rotellina che gira e il gioco è fatto. L’informazione, dunque, «bypassa» la coscienza e si impianta direttamente nel cervello.

Non è difficile «comprendere» questo progresso, in fondo ci hanno ormai abituato a considerare il cervello come una sorta di computer molto sofisticato e dunque possiamo ben capire come, in teoria, possa essere “usato” come tale; difficile è invece accettare che la nuova tecnica possa spazzar via certi concetti tradizionalmente legati allo studio. Il merito, per esempio, o l’intelligenza. O anche l’inclinazione: che differenza potrà esserci tra una mente umanistica e una scientifica, o matematica, quando entrambe possono essere alimentate da uno «stream» di informazioni digitali? Al solito, il futuro si presenta al contempo come una promessa e una minaccia. Consoliamoci: comunque vada, nessuno potrà imporci di rinunciare alla fatica del sapere.

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