La lingua di tutti

Tutti noi abbiamo avuto qualche brutta esperienza in un aeroporto, in una stazione e nella metropolitana. Il ritardo, il disservizio, la mancata coincidenza che ci farà passare la notte a Düsseldorf quando dovremmo essere a Valencia.

Non parliamo delle stazioni che, spesso, al calar del sole, sembrano set per film di Sergio Leone: il silenzio è rotto da scricchiolii sinistri, in lontananza si scorgono capannelli di allarmanti figuri. E in metropolitana? Ammassati gli uni contro gli altri, il pensiero che corre preoccupato al portafoglio nella tasca posteriore e un pizzico d’ansia monta nella testa: ce la farò farmi strada e scendere alla mia fermata?

Non di rado lasciamo questi luoghi con un senso di liberazione. Siamo stanchi per un lungo volo e ora, nel taxi o sul bus, incomincia a prendere consistenza il miraggio di un letto. Oppure il treno, per una volta, è arrivato in orario: possiamo sperare che il rientro in famiglia andrà come programmato. Emergere dalla stazione della metro è poi quasi inebriante: dopo tutti quei cunicoli artificiali, in cui viene pompata aria che sembra pre-respirata, ecco il cielo, gli alberi, ossigeno decente se non proprio pulitissimo. Poi accadono fatti come quelli di Bruxelles e ci accorgiamo come aeroporti, stazioni e metropolitane siano per noi luoghi importanti quanto la casa, snodi vitali dell’esistenza.

Nel rivedere i video degli attentati, la hall dei check-in offuscata dalla polvere funebre, le immagini traballanti catturate nel metro e commentate solo dal pianto di un bambino, rimpiangevo le luci, i cartelloni pubblicitari, le scale mobili, i monitor con arrivi e partenze, le indicazioni per il bagno, la dogana, l’ufficio informazioni, la stazione di polizia. E perfino i ritardi. Ovvero lo scorrere di luoghi che sono una lingua: l’unico esperanto davvero praticato, quello dei viaggiatori, quello di chi si sposta. Una lingua talmente vitale da essere parlata e rispettata da tutti. E che riprenderà presto a scorrere, siatene certi, nonostante ci sarà sempre qualche analfabeta a cercare di fermarla.

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