La tv del tutto

Ho trovato la televisione che fa per me. Lo annuncio più grande che posso: fate conto sia una dichiarazione a 84 pollici. La tv è quella giapponese e se vi sovvengono immagini bizzarre, che poteste aver intravisto qui e là nei film, di presentatori in giacche improbabili circondati da folli lolite all’acido lisergico, per favore resettate.

Certo, la televisione giapponese in salsa trash c’è eccome, e occupa una parte importante dei palinsesti. Ne esiste però un’altra, sconosciuta. A preponderante, che potrebbe essere definita tv del nulla se non si occupasse, in effetti, del tutto. È possibile godersela al mattino, ma c’è il caso che spunti al pomeriggio e anche alla sera. Curiosamente in difetto di Barbare D’Urso e Antonelle Clerici, questa tv funziona, mi sembra di poter dire, grazie a una ricetta molto semplice: si occupa di fatti banali, addirittura banalissimi, con un’attenzione, una cura e una qualità che, in Europa, non si impegnerebbero per un evento da milioni di sicuri ascoltatori, tipo la puntata conclusiva di Masterchef trasmessa tra il primo e il secondo tempo della finale dei mondiali di calcio mentre s’annuncia all’orizzonte il Festival di Sanremo. Esempio sublime di tv del nulla, un programma di quasi un’ora si occupava l’altro giorno di seguire un gatto in giardino: eccolo inseguire un uccellino, acchiappare una mosca e dormire al sole acciambellato su un sasso. Scrutato passo dopo passo come fosse un esemplare di tigre in via d’estinzione, il gatto finiva per riempire di sé non solo lo schermo ma tutto il presente televisivo e non solo. Dapprima scettico, poi divertito e infine affascinato, ho ricevuto il dono della “conoscenza” ravvicinata non con un gatto, ma con la sua grazia e con il suo mistero. Nulla accadeva e nulla si pretendeva che accadesse, eppure proprio in virtù di questa mancanza di scopo una ragione se non altro estetica del programma alla fine veniva a galla. A differenza degli show dove si fa finta che tutto accada, ma niente si rivela. E nulla rimane.

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