Ridere in turco

Lo si è visto e rivisto su molti siti e ogni volta, credo, con soddisfazione. Parlo del video che immortala quel tifoso turco il quale, installatosi davanti alla tv per la partita della sua nazionale con la Croazia, rimane vittima di un perfido scherzo della convivente.

Costei, del tutto indifferente alla viscerale mistica del calcio, grazie a una app che sostituisce il telecomando si diverte a spegnere il televisore proprio nei momenti più emozionanti della partita, facendo credere a lui che l’apparecchio sia difettoso. La reazione è tutta da vedere: un crescendo di frustrazione, scatti d’ira, gesti inconsulti, che culmina in un’irresistibile orgia di distruzione. A giudicare dai «bip» che coprono il parlato (meglio: l’urlato), il corpulento tifoso tiene alto il luogo comune che, ai turchi, attribuisce l’abitudine di imprecare in largo e in lungo.

Vedere un uomo perdere la testa così rovinosamente per uno scherzo è molto divertente e, nel contempo, ci dà tutta la misura della passione che il calcio accende nell’animo di molti. A me il video ha fatto pensare anche a quante volte ci capita di perdere il controllo - magari solo per una frazione di secondo - perché la tecnologia non funziona o, addirittura, tarda un secondo nel rispondere ai comandi.

Alle prese con il wi-fi che non funziona, col messaggio che non parte, col “campo” debole del telefonino e con l’auricolare che, per qualche ragione, non rovescia nelle orecchie la giusta quantità di decibel, proviamo tutti una frustrazione quasi insormontabile, ci investe perfino un senso di ingiustizia, quasi fossimo presi di mira da un sistema che mira ad escluderci, a negarci il giusto piacere e, in ultima analisi, ad allontanarci dalla felicità. È facile ridere del povero tifoso turco. Meno facile, ma più salutare, sarebbe farci beffe dei nostri stessi infantili furori, delle nostre insofferenze puerili. Possiamo provarci, però. Chissà come si dice «fatti una risata» in turco.

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