Scompenso cardiaco: controllo
on-line per pazienti col pacemaker

I numeri sono rilevanti, ma ci si pensa poco: se si parla di scompenso cardiaco, infatti (ovvero il cuore per svariati motivi o lavora troppo e si ingrossa, o non riesce a pompare più bene il sangue nelle arterie o non torna a riposo) è necessario ricordare che questa malattia cronica è sempre più frequente.

In Lombardia si contano 180 mila scompensati, oltre 20 mila a Bergamo e provincia. E secondo recenti stime il numero raddoppierà nel 2020: attualmente lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero, esclusi quelli per i parti naturali e gli interventi di cataratta, ma soprattutto sono in aumento, dal 3 al 5%, le cause dei «ri-ricoveri».

Va segnalato che nel reparto di Medicina cardiovascolare dei Riuniti i pazienti ricoverati con scompenso sono il 60% del totale, in genere si tratta di anziani (ma ci sono anche scompensati molto giovani, quasi sempre asintomatici); tra i malati inoltre è assai diffusa la comorbilità, ovvero non solo persone con precedenti episodi di infarto o ictus, ma anche con malattie croniche come il diabete o patologie vascolari periferiche, o ipertesi.

E così accade che tra i già ricoverati si verifichi una nuova necessità di soccorso. «Un paziente con scompenso cardiaco spesso è un paziente che va curato a tutto tondo - sottolinea il cardiologo Michele Senni, responsabile della Unità di Medicina cardiovascolare dei Riuniti -. In particolare se anziani e con patologie concomitanti è fondamentale mettere a punto terapie e attività di controllo interdisciplinari».

Multidisciplinarietà, si diceva: se è vero che nel 2000 studi della Società europea di cardiologia avevano dimostrato come tra gli ammalati di scompenso solo il 15% veniva ricoverato in Cardiologia, ma il 69% in Medicina e il 16% in altri reparti, ecco che i Riuniti, oggi, possono vantare una struttura multidisciplinare, quella dell’Unità di Medicina Cardiovascolare.

«Vi è stato, sin dal 2000, quando nacque il progetto, un diretto impegno per trovare un accordo sull’organizzazione, da parte della direzione sanitaria, del direttore dell’Unità di Cardiologia Antonella Gavazzi e del compianto Bruno Minetti, allora direttore dell’Unità di Medicina Interna - sottolinea Michele Senni -. Oggi abbiamo una Unità con 20 posti di degenza, due di day hospital, un ambulatorio per scompenso cardiaco e un laboratorio di ecocardiografia. Siamo tre cardiologi e tre internisti in servizio, prima Unità in Italia in un ospedale ad alta specializzazione composta da ugual numero di internisti e cardiologi nell’ottica di aiutare il paziente non più solo per la specifica patologia cardiologica, ma nel suo insieme».

I risultati si vedono, sostiene Senni: riduzione della mortalità, della durata della degenza, soddisfazione dei pazienti per l’approccio globale alla malattia; e basti pensare che l’ambulatorio di scompenso cardiaco segue una media di 1.000 pazienti l’anno. E i progetti non sono pochi: «Oltre ad aver attivato il piano di telesorveglianza dei pazienti già in cura in reparto, attraverso contatti telefonici programmati e la possibilità di fare a casa l’elettrocardiogramma, a breve estenderemo il controllo telematico via Internet anche a pazienti scompensati portatori di pacemaker. E abbiamo messo in campo una sorta di screening sulla popolazione a rischio scompenso».

Ovvero, in un progetto che ha visto il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco, 6 cardiologi dei Riuniti (uno dell’Unità di Medicina cardiovascolare e gli altri di Cardiologia) si sono recati in 3 centri associati di medicina generale di Bergamo e provincia per «monitorare» oltre 700 pazienti a rischio, sottoponendoli direttamente negli studi dei loro medici a elettrocardiografia, ecocardiografia e dosaggio ormonale apposito per individuare disfunzioni cardiache.

«I risultati sono in via di elaborazione e costituiranno non solo una traccia di studio sullo scompenso ma anche linee guida per attivare una forma di collaborazione tra l’ospedale e medici di base, perché una volta dimessi i malati possano essere seguiti passo passo dai loro medici», sottolinea Senni. Non solo: «Oltre all’intenzione di creare una continuità delle cure nel territorio con i medici di medicina generale e l’Asl, nell’ambito di una continua collaborazione tra i dipartimenti di Medicina interna, Cardiovascolare e Anestesia e rianimazione, si sta preparando la creazione di letti per cure più intensive in pazienti complessi e critici in cui la patologia cardiologica è predominante ma non la sola».

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