Il vescovo visita i detenuti:
«Ogni uomo ha la sua dignità»

«Ero un giovane prete, mi occupavo di un oratorio a Brescia, voi sapete bene che cosa è un oratorio, una casa di incontro, di gioco, di catechismo... La porta di entrata di quell’oratorio stava precisamente accanto all’ingresso del dormitorio pubblico e ogni tanto capitava che in oratorio oltre ai ragazzi entrassero persone di una certa età, persone che in realtà cercavano il dormitorio. Una volta entrò un signore grande e grosso, con la barba, urlava e sbraitava e i bambini erano spaventati. Io gli andai incontro, gli dissi che aveva sbagliato porta, che lo avrei accompagnato io al dormitorio. Ma lui era ubriaco, non ne voleva sapere e allora io mi spazientii e dissi: "Ma insomma, abbia un po’ di dignità!".

Quell’uomo cambiò completamente espressione, mi prese, mi sollevò per il collo, mi fissò e disse: "Che cosa ne sai tu della dignità?". E mi lasciò andare, non disse più niente, si voltò e se ne andò. Io rimasi immobile. Non ho più dimenticato quell’episodio. Che cosa ne sapevo io della sua dignità. Niente. Ho pensato che ogni uomo conserva sempre, in un angolo di sé, una sua dignità, una dignità, un valore che in qualche momento emerge». Il vescovo Francesco Beschi ha raccontato questo episodio mercoledì pomeriggio in carcere, durante l’omelia della Messa per i reclusi della casa circondariale di via Gleno.

La visita era cominciata alle tre e mezza con l’incontro con le detenute, poi la Messa per i reclusi della sezione maschile. Ha continuato monsignor Beschi nell’omelia: «La dignità non è qualcosa che ci riconoscono gli altri, è qualcosa che ci appartiene». I detenuti hanno ascoltato con attenzione le parole del vescovo, a un certo punto è persino partito un applauso. Il vescovo era arrivato alle porte del carcere accolto dal direttore Antonio Porcino. C’erano i cappellani, il parroco di Celadina, un gruppo di volontari, rappresentanti dell’università e dell’ospedale di Bergamo che pure collaborano con il carcere per la riabilitazione e la salute delle persone recluse. C’era anche una rappresentanza del gruppo Solidarte della parrocchia di Paladina che ha portato doni ai carcerati.

Il direttore del carcere, Porcino, ha preso alla fine la parola per ringraziare il vescovo e per invitare i detenuti a cogliere le opportunità che, nonostante tutte le difficoltà, il carcere offre: «È importante vivere con responsabilità il carcere perché è dall’interno che può nascere il progetto della nostra nuova vita». Alla fine il vescovo ha consegnato un piccolo omaggio a ciascuna persona reclusa.
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