Milano, posata la prima pietra
del Memoriale della Shoah

Due carri bestiame sul binario 21 della Stazione Centrale ricordano l'inizio di quelle tragiche deportazioni. Un misto di lamiere, ruggine e legno che fa rivivere momenti drammatici, impossibili da dimenticare. Proprio lì, a pochi metri di distanza, alla presenza del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è stata posata martedì 26 gennaio la prima pietra del Memoriale della Shoah.

Regione Lombardia ha sempre creduto e fortemente voluto questo progetto, portato avanti insieme alle Ferrovie dello Stato, al Comune e alla Provincia di Milano, alla Comunità Ebraica, all'Associazione Figli della Shoah, e altri istituti e fondazioni, finanziandolo con un milione di euro. «E' troppo importante la realizzazione di questo progetto - ha detto Formigoni - testimonianza dolorosa di una tragedia incommensurabile. Vogliamo che nella città ci sia un luogo che rende visibile ciò che si è tentato di occultare. Vedere, fermarsi in raccoglimento permette di prendere coscienza del dolore infinito che ha colpito tante nostre sorelle e tanti nostri fratelli».

«Un luogo così - ha aggiunto Formigoni - permette che la nostra identità sia costantemente alimentata. In questo senso, le iniziative del Memoriale della Shoah sono una possibilità concreta di restituire, attraverso l'insostituibile lavoro della memoria, la dignità a delle persone a cui era stata tolta ingiustamente". Per il presidente lombardo la posa della prima pietra "è il simbolo della volontà di costruire e tenere viva questa memoria.

E' vero - ha sottolineato Formigoni - la pietra può sembrare inanimata, neutra, priva di vita e personalità. In realtà è un elemento che può dire molto. Con le pietre si possono costruire opere, abitazioni, realizzazioni che fanno storia. Oggi con l'inaugurazione di questo Memoriale, con questa pietra, vogliamo fare sì che le pietre che procurarono la morte dei deportati - costretti nei campi di concentramento a passare le loro giornate a trasportare carichi di pietre sulle spalle fino allo sfinimento e alla morte - si possano simbolicamente trasformare in un simbolo di vita. Del resto anche per la tradizione ebraica una pietra posta sulla tomba è una delle modalità per esprimere, attraverso la rotondità di un sasso, l'incessante rapporto che c'è tra la vita e la morte. Il futuro e il presente - ha concluso Formigoni - si costruiscono con la coscienza viva di ciò che è successo. L'indifferenza, invece, rende chiusi gli uni agli altri».

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