Selvino: adottato 40 anni fa
Ora cerca la mamma naturale

Come ci si può immaginare una mamma che non hai mai visto? «Non credo che sia bionda». Unica certezza, non foss'altro per via di occhi e capelli scurissimi. Sorride Tarcisio che tutti, a Selvino, conoscono semplicemente come «Tarci». Da 43 anni queste montagne sono la sua casa e i Magoni (del ceppo Casnari) la sua famiglia.

Quando c'è arrivato, nel 1968, aveva solo due anni, accolto con tutto l'amore di cui solo due genitori innamorati della vita potevano essere capaci. Gianni e Giannina Magoni, infatti, lo avevano accolto dall'orfanotrofio dell'ospedale di Bergamo dove il piccolo Tarci viveva dalla nascita, avvenuta alle 22 del 12 agosto 1966.

Di quella serata in cui venne al mondo (nel reparto maternità dei Riuniti) nessuno ricorda niente, un momento inghiottito dal buio, sul quale neanche le ricerche più ostinate e la montagna di carte di cui Tarci è venuto in possesso riescono a fare luce. Sono passati tanti anni, forse troppi, ma quel desiderio di conoscere le proprie origini non lo ha mai abbandonato.

È rimasto come la brace sotto la cenere, per tanti anni, sopito, addolcito dalla presenza amorevole ed insostituibile della mamma adottiva, una donna dai modi e dal sorriso garbato, mancata improvvisamente lo scorso mese di maggio. Da quel momento la fiamma si è riaccesa, forse per colmare il grande vuoto, la vertigine di un'assenza ogni giorno più difficile da sopportare. A. A. A. mamma cercasi.

«È una mia ricerca personale che nulla toglie al legame che ho da sempre con quella che, a tutti gli effetti, è la mia famiglia, e alla profonda riconoscenza che provo per tutti i miei familiari». La ricerca non è facile, ma Tarci ha la determinazione di un bulldozer che sembra non fermarsi davanti a niente, neanche ai mille laccioli che la burocrazia gli mette davanti.

Si parte dai dati certi, un verbale di nascita di infante illegittimo nel quale si dichiara la nascita di Tarcisio Mario alle ore 22 del 12 agosto 1966. La levatrice è Anna Magri; a lei Tarcisio si è rivolto con la speranza di un barlume di ricordo, ma la «mission» (il ricordo del viso e del nome di una partoriente tra le migliaia assistite in carriera) è «impossible».

Il cognome che viene imposto al neonato è Ogarini: «Di pura fantasia, dal momento che non risulta nessun ceppo genealogico con quel cognome». La mamma partorisce il piccolo all'ospedale di Bergamo e fa perdere le sue tracce. «Possiamo ipotizzare però - puntualizza Tarcisio - che un documento d'accettazione ospedaliera sia stato compilato e che possa riportare i suoi dati anagrafici».

Forse all'epoca della gravidanza era ancora minorenne o forse il bambino che aveva in grembo era frutto di una relazione extraconiugale. Tutto, nascita e abbandono, avviene nel giro di pochi giorni; il 18 agosto Tarcisio viene battezzato da padre Mariano nella parrocchia San Francesco d'Assisi di Bergamo con Luisa Rossi, figura storica dell'ostetricia bergamasca, che gli fa da madrina.

Quello stesso giorno, alle ore 11, il piccolo viene consegnato «in buone condizioni» all'Istituto provinciale di assistenza materna ed infantile dove resterà fino all'adozione, quando verrà ufficialmente e definitivamente accolto dai coniugi Magoni.

In tanti anni di questa misteriosa mamma, solo una volta, si sono avute notizie, ma anche queste misteriose: «Pare - spiega Tarcisio - che una volta sia venuta a Selvino a cercarmi, ma che per qualche motivo non sia riuscita a trovarmi».

Adesso è lui che vuole trovare lei. «Penso che sia logico cercarla tra Bergamo e le sue valli, prima che altrove. Non voglio cambiarle la vita, ma voglio solo sapere chi è, come vive e se, magari, ha avuto altri figli. Ho sempre desiderato avere fratelli». Chi lo sa, forse anche loro, con i capelli e gli occhi neri.
 Donatella Tiraboschi

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