Di Pietro contro Berlusconi
Rinviata l'udienza preliminare

Ennesimo rinvio per l'udienza preliminare che vede Silvio Berlusconi nei panni di indagato per diffamazione nei confronti di Antonio Di Pietro, dopo che in tv il premier aveva messo in dubbio la veridicità della laurea dell'ex pm di Mani Pulite. La prossima udienza si terrà così l'8 giugno.

Dichiarato incostituzionale il lodo Alfano sulla temporanea non imputabilità delle prime cinque cariche dello Stato, al quale il premier s'era inizialmente appellato, Berlusconi - difeso da Piersilvio Cipolotti del foro di Padova, studio di Nicolò Ghedini - è ricorso all'articolo 68 della Costituzione, che tutela l'insindacabilità delle dichiarazioni rese dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni.

Il gup Patrizia Ingrascì attendeva il responso della Camera dei deputati chiamata, con una specie di autorizzazione a procedere, a decidere se quello del premier va considerato un attacco che fa parte della normale dialettica politica e quindi coperto dall'articolo 68, oppure se si tratta di un'insinuazione di carattere esclusivamente personale. Il verdetto di Montecitorio non è però ancora giunto.

C'era stato già un rinvio lo scorso 3 febbraio e mercoledì 5 maggio se n'è consumato un altro. Sembra che la Giunta per le autorizzazioni a procedere abbia espresso un parere, ma ora il parere deve essere girato alla Camera dei deputati, per cui ci sarà da attendere un altro mesetto. Ecco spiegato il rinvio all'8 giugno.

La vicenda vede Di Pietro parte offesa: a diffamarlo, secondo la contestazione, sarebbe stato il Cavaliere, che ha sostenuto dubbi sull'autenticità della laurea del leader dell'Italia dei valori. Le dichiarazioni erano state rese durante la puntata di «Porta a Porta» del 10 aprile 2008, davanti a un Bruno Vespa che aveva preso le distanze da quanto il capo del governo diceva. Berlusconi, riferendosi a Di Pietro, gli aveva dato dell'«emerito bugiardo», che «non ha nemmeno la laurea valida».

Di più: facendo riferimento al concorso per entrare in magistratura sostenuto dal «signor Di Pietro», aveva dichiarato che «non ha mai presentato il diploma originale di laurea. Ha sempre presentato dei certificati, che tra l'altro sono diversi l'uno dall'altro, sia per il voto di un esame, sia per quanto riguarda la data dell'esame». E aveva aggiunto: «La sua (di Di Pietro, ndr) è una cosiddetta laurea dei Servizi (segreti, ndr), che i Servizi hanno chiesto ai professori dell'Università, nessuno dei quali si ricorda di Di Pietro».

L'ex pm aveva replicato querelando Berlusconi per diffamazione a mezzo tv: essendo l'ex magistrato ancora residente a Curno, la competenza territoriale era quella di Bergamo. Alla prima udienza, lo scorso aprile, il difensore del premier aveva sollevato la questione del lodo Alfano, poi bocciato dalla Consulta.

Quindi la difesa di Berlusconi s'è appellata all'articolo 68 della Costituzione: «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni». E Berlusconi all'epoca delle dichiarazioni era deputato. Il giudice Patrizia Ingrascì aveva così accolto la richiesta e aveva mandato gli atti al Parlamento perché valutasse la questione.

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