Trescore recupera la storia
Palazzo Mosconi ai restauri

Ad Attilio Finazzi ogni volta che prende in mano il mazzo di chiavi «sanpietresco» e mette piede nel palazzo piange il cuore. Dagli Anni '70 è l'uomo sul campo della Fondazione Azzanelli, Cedrelli, Celati per la salute dei fanciulli, che tra diversi lasciti testamentari da gestire si ritrova pure Palazzo Mosconi Celati di Trescore: uno splendore spento, una corte da cui sono lontani i fasti del '700 e pure l'allegria dei bambini che fino a metà Anni '90 l'hanno popolato dopo che i nobili si sono estinti e l'ultima erede, Silvia Adelasio Mosconi Celati, alla fine del XVIII secolo ha lasciato l'intero, assai cospicuo, patrimonio ai poveri.

Volle che fossero le Suore di Maria Bambina - fondate dalle Sante di Lovere - a gestirlo. Quando gli ordini monastici furono soppressi, i beni passarono al Comune di Bergamo. Per poco meno di un secolo il palazzo ospitò prima gli orfani, poi le scuole e l'oratorio femminile, alla fine una specie di doposcuola e da metà Anni '90 è tristemente chiuso. Un patrimonio «visitato» da senzatetto e ladri, che hanno persino tentato di portar via i cornicioni dei camini, mentre il tesoro d'arte e storia di quadri, tele, arredi, mobili e quant'altro è stato man mano chiuso nei caveau, in attesa di poter tornare alla luce, qualora in futuro l'intero palazzo Mosconi Celati tornasse a splendere.

Un futuro che finalmente non è più così lontano. E che tutti qui a Trescore si augurano, perché è un peccato e una tristezza vedere la reggia andare in malora. «E perché – come dice l'ex sindaco e storico appassionato Mario Sigismondi, che sul palazzo ha scritto anche un libro – le nostre mamme e nonne e sorelle sono passate dalle "mòneghe", come si dice qui, e a tutti piacerebbe vedere concretizzato il suo rilancio».

La bella notizia questa: è questione di giorni. Il lungo cammino per riportare all'antico splendore il palazzo - uno dei tanti di Trescore che negli anni d'oro di qualche secolo fa era la «riviera» di nobili e ricchi commercianti - s'avviò ai primi Anni '90; nella prima metà dei 2000 si arrivò al dunque, ma poi la cosa si arenò nuovamente, strangolata tra querelle politiche, distinguo delle Belle Arti, cambi di amministrazione ai vertici del Comune di Bergamo e della Fondazione. Il progetto per recuperare il patrimonio di Silvia Adelasio Mosconi Celati è tornato d'attualità qualche mese fa.

Ovvio che si parla di tanti, tanti soldi: c'è da salvare il palazzo con i suoi splendidi affreschi che stringe il cuore vederli scrostarsi; poi ci sono tutti i caseggiati di pertinenza, le vecchie stalle, le cantine, la cascina Agnelli dall'altra parte della strada, poi il brolo, i terreni che erano le riserve di caccia, il vigneto che arriva a lambire l'attuale ospedale dove un tempo c'era il convento dei frati. Nella convenzione originaria tra Fondazione e amministrazione comunale, rivista con alcune modifiche, l'idea è quella di affidare a un privato il restauro del palazzo «da mettere a reddito».

Nell'accordo messo ai voti e approvato dal Consiglio di Trescore, c'è la possibilità di costruire nell'area del brolo case per circa 25.000 metri cubi. Che, vendute, consentirebbero ai privati di cominciare a pagare i costi per il restauro del palazzo. Il quale poi dovrebbe essere destinato a ospitare qualcosa di non ancor specificamente definito: potrebbero essere sale per convegni ed eventi, cerimonie e congressi. Altri spazi potrebbero essere di servizio alle vicine terme. Si è ipotizzato in passato - e il discorso non è finito - pure di avviare una collaborazione con l'Università Bicocca per un corso post laurea legato al termalismo. «L'accordo con gli imprenditori che costruiranno le case e restaureranno il palazzo – annuncia il presidente della Fondazione, Aldo Ghilardi – sarà definito nel giro di qualche giorno. Un doveroso grazie va all'amministrazione comunale, che ha accelerato i tempi per la firma della convenzione».

Claudia Mangili

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