Ministro, premier, Capo dello Stato
Una vita fra attacchi e difese

Ottavo presidente della Repubblica, Francesco Cossiga ha rappresentato in tutto e per tutto un pezzo di storia italiana. Iscritto alla Democrazia cristiana fin dall'età di 17 anni e militante della Fuci ha ricoperto ruoli di primissimo piano, da ministro a premier a presidente della Repubblica, come esponente del più grande partito italiano dal 1948 al 1992.

Nato a Sassari il 26 luglio 1928 conquista poco più che ventenne la laurea in Giurisprudenza e dopo qualche anno inizia a insegnare diritto costituzionale. Ma è la politica la sua vera passione. E anche qui brucia i tempi: nel 1958, eletto deputato, entra per la prima volta a Montecitorio dove resterà ininterrottamente fino all'inizio degli Anni Ottanta. Nel 1983 l'approdo a Palazzo Madama. Famose le sue prese di posizione su alcune vicende 'scottanti' della storia italiana dal caso Moro alle stragi 'di Stato' ("La strage di Bologna fu un incidente della resistenza palestinese" ha detto qualche anno fa) fino alla vicenda Gladio per cui, nel 1991, verrà avviata contro di lui da parte dell'opposizione la richiesta di impeachment che poi si risolve con un proscioglimento.

Nel 1966 fu sottosegretario alla Difesa del terzo governo Moro e ricevette la delega a sovrintendere Gladio, sezione italiana di Stay behind Net organizzazione segreta dell'Alleanza atlantica. Circostanza che poi avrà un peso notevole nella sua vita tanto che per i legami con Gladio (affermò infatti di esserne "l'unico referente politico" precisando di "essere stato perfettamente informato delle predette qualità della struttura") si dimetterà con alcune settimane di anticipo da presidente della Repubblica. Cossiga diventa, poi, ministro dell'Interno nel Governo Andreotti III dal 1976 al 1978 e si dimette proprio in seguito all'uccisione di Aldo Moro.

All'inizio degli anni Duemila dichiara a Radio Radicale: "La gente si è meravigliata del fatto che io mi sia dimesso. Io ho concorso ad uccidere Moro. Cioè, da un punto di vista fenomenologico, io sono uno di quelli che ha ucciso Moro. Mi svegliavo al mattino dicendo 'io ho ucciso Moro'". E, in una successiva intervista: "Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto". Da titolare del Viminale i militanti di estrema sinistra lo attaccarono violentemente scrivendo, sui muri di Roma, ingiurie contro di lui e trasformando il suo nome in "Kossiga" con le due 's' runiche delle Ss naziste.

Recentemente, quando, nel 2008, ci sono state alcune contestazioni legate alla riforma della scuola, Cossiga ha consigliato al ministro Maroni di "fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno. Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città". Poi, ha proseguito, "le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano". Dopo questa intervista Alfio Nicotra, della direzione nazionale del Prc, ha chiesto di riaprire l'inchiesta sulla morte di Giorgiana Masi, la giovane uccisa in circostanze non ancora chiarite durante una manifestazione nel 12 maggio 1977, periodo nel quale stesso Cossiga era ministro dell'Interno. E' stata anche chiesta da parte dei Radicali l'istituzione di una commissione d'inchiesta sull'omicidio della Masi

Palazzo Chigi non è rimasto fuori dal cursus honorum di Cossiga. Dal 1979 al 1980 fu presidente del Consiglio dei ministri e fu presidente del Senato della Repubblica nella IX legislatura dal 1983 al 1985, quando lasciò l'incarico perché fu eletto al Quirinale. Iniziato il mandato all'età di 57 anni è stato l'inquilino del Colle eletto alla più giovane età. In precedenza era stato anche il più giovane ministro degli Interni (il 12 febbraio 1976, a 48 anni) e il più giovane presidente del Senato (12 luglio 1983, a 55 anni).

L'avventura al Quirinale inizia il 24 giugno 1985 quando viene eletto, al primo scrutinio, con 752 voti, superando di quasi cento il quorum richiesto. I primi cinque anni sono completamente 'istituzionali' tanto che Cossiga viene definito un 'presidente notaio'. Tutto cambia negli ultimi due anni quando per le sue prese di posizione e gli attacchi polemici soprattutto contro il Csm, la Corte Costituzionale e il sistema dei partiti gli viene addirittura affibbiato l'appellativo di "picconatore".

Il Capo dello Stato comincia a intervenire direttamente su una serie di questioni di stretta attualità politica, l'esposizione mediatica è fortissima tanto da fargli conquistare anche il titolo di "grande esternatore". Tra le affermazioni più discusse ci fu quella contro il magistrato Rosario Livatino, che sarà poi assassinato dalla mafia nel 1990, definito "giudice ragazzino". In anni recenti Cossiga ha scritto una lettera ai genitori del magistrato definendolo "coraggioso, integerrimo, esemplare servitore dello Stato, martire civile e santo nel senso cristiano del termine".

Cossiga si dimise dalla presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato, annunciando le sue dimissioni con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile. Il sistema dei partiti e il suo finanziamento che aveva duramente attaccato stava per crollare. Fino al 25 maggio, quando al Quirinale fu eletto Oscar Luigi Scalfaro, ad assolvere le funzioni presidenziali c'è l'allora presidente del Senato Giovanni Spadolini. Smembratasi la Dc sotto i colpi di Tangentopoli Cossiga, già senatore a vita, diede vita nel 1998 ad una nuova formazione politica, l'Udr (Unione Democratica per la Repubblica) con lo scopo di costituire un'alternativa di centro e ricompattare le forze ex-democristiane. Nell'Udr confluirono i Cristiani Democratici Uniti di Rocco Buttiglione e di Clemente Mastella, alla guida di un gruppo di scissionisti del Centro Cristiano Democratico.

Quando Rifondazione comunista fece mancare il suo appoggio al governo Prodi I, battuto alla Camera per un voto, Cossiga fu determinante per la formazione del governo guidato da Massimo D'Alema che fu il primo presidente del Consiglio a provenire dalle file dell'ex Pci. Dopo appena un anno dalla sua nascita l'Udr si sciolse confluendo nell'Udeur di Clemente Mastella ma l'adesione simbolica di Cossiga terminò nel 2003 quando, in Senato, si iscrisse al gruppo delle autonomie. Il 19 maggio 2006 ha votato la fiducia al governo Prodi II. Nello stesso anno Cossiga ha presentato al presidente del Senato, Franco Marini, le dimissioni da senatore a vita, ritenendosi "ormai inidoneo ad espletare i complessi compiti e ad esercitare le delicate funzioni che la Costituzione assegna come dovere ai membri del parlamento nazionale". Dimissioni respinte nel gennaio 2007.

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