Umberto Bossi alla Bèrghem Fest
«Andiamo subito al voto»

Voto. Comunque, «perché così è improbabile che si possa andare avanti». Umberto Bossi non è convinto dai «progettini», anche se su di essi c'è l'aut aut del premier. Né tantomeno accetta un'intesa (vociferata) con i centristi di Pier Ferdinando Casini. E per mettere le cose in chiaro sceglie la Bèrghem Fest di Alzano. «Berlusconi ha detto che ha un progettino da portare in Parlamento: se lo votano bene altrimenti si va alle elezioni. Io invece penso che bisogna andare alle elezioni comunque». E annuncia: «Ho telefonato a Silvio. E gli ho detto che non va bene. Gli ho detto: guarda che con Casini noi non ci stiamo. Nomen omen, Casini uguale a casino». Perché «sono io il primo a dire che Silvio ha rispettato le promesse sul federalismo…». Però c'è un però. «Non è che noi accettiamo tutto. Non si può arrivare a chiamare Casini e dopo un mese siamo da capo. Quindi Silvio, ho detto, sappiti regolare, perché la Lega sa dire basta». E la Lega «ha i voti al Nord». Un'assicurazione, comunque, il leader della Lega l'ha già avuta: «Berlusconi mi ha detto che non ha offerto nulla. Lui ha inserito quella cosa sulla famiglia nel programma e io temevo fosse un'apertura all'Udc».

Bossi sale sul palco in anticipo. Alle nove in punto ha già il microfono in pugno. La kermesse a due passi dal Serio, dopo i cinque punti di Berlusconi e dopo le voci sulle larghe intese al centro, è il luogo dove ribadire, ancora una volta, che «con i democristiani la Lega non ci sta». E se il «governo anguria, verde fuori ma rosso dentro» il Senatùr già l'aveva aborrito qualche giorno fa, ieri è tornato a premere nella direzione del voto. Come un fiume in piena. «I democristiani – attacca – sono quelli che hanno rovinato il Nord. Mio padre mi diceva sempre che sarebbe servito uno che dal Nord andasse al Sud a strozzare tutti quei delinquenti». Berlusconi segue la via «prendere o lasciare», stando alla finestra? Bossi ribadisce da Alzano che «se non ci sono i voti nella maggioranza si va alle elezioni. Ci pensa la gente a sistemare le cose, con il suo voto. Altro che Dc». Anche perché Casini addosso si porta quello che per i lumbard è l'onta principale: «È stato l'unico a non votare il federalismo. Se si va con Casini le riforme non si fanno più».

Ma al comizio della Bèrghem Fest non si dimentica Gianfranco Fini: «Adesso si mette a pensare al matrimonio omosessuale, e poi magari vuole dare alla famiglia anche i bambini. È proprio disperato: sta cercando voti». Ma, stoccate sulla situazione politica a parte, c'è anche spazio per il punto sul federalismo, e il Senatùr spiega una proposta che porterà a Giulio Tremonti, titolare dell'Economia: «Alle Regioni dovrebbe andare una miscela di Irpef e Iva». Ma dopo il federalismo il Carroccio non si ferma: Bossi rilancia infatti l'idea di trasferire alcuni ministeri nelle grandi città del Nord, «le nostre capitali. Lo dico per i giovani: i ministeri offrono posti di lavoro e oggi stanno tutti a Roma».

Una puntata, a margine del comizio, è anche sulla questione dell'immigrazione, e qui il Senatùr fa quadrato su Roberto Maroni, che ieri è stato criticato dalla Cei per le sue posizioni sui rimpatri dei rom, anche comunitari. «Ho più fiducia in Maroni che nella Cei – chiosa il leader leghista –. Maroni è una persona equilibrata e so che non farebbe del male alla gente». Alla fine, un amarcord: «Quando sono stato male mi avete telefonato da qui, è tutto registrato e mi commuovo ancora. Quando ero in ospedale, i bergamaschi venivano sotto le mie finestre con le bandiere. Sono qui perché avete voluto che io guarissi». E dai bergamaschi, ieri, è arrivato un nuovo omaggio speciale: a sorpresa hanno sfilato per lui cavalli e figuranti in costume medievale (da Martinengo). Quando li vede arrivare, Bossi sorride: «Eh, certo che qui siete speciali».

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