Il delitto di Rota Imagna:
omicidio premeditato o raptus?

Nella giornata di martedì 24 agosto agli Ospedali Riuniti di Bergamo è in programma l'autopsia, disposta dal pm Letizia Ruggeri. Mercoledì davanti al gip Vittorio Masia comparirà invece Claudio Pinto per l'interrogatorio di convalida. Gli inquirenti, nonostante il caso possa definirsi risolto, sono comunque al lavoro per chiarire ogni dettaglio. Uno dei dubbi che circolano e che potrebbero approdare al processo è se si tratti di un raptus o di un omicidio premeditato. Per la prima ipotesi giocano a favore il fatto che l'esplosione di rabbia sia stata talmente violenta che Pinto non s'è curato del rischio di essere subito smascherato dai vicini, aggredendo il rivale sul pianerottolo. A far propendere per la premeditazione ci sono invece l'acquisto del revolver calibro 38 special, comprato due giorni prima in un'armeria della valle (Pinto è incensurato e ha il porto d'armi per uso sportivo), e la lucidità nel tentare di inscenare un'aggressione da parte di Mariani.

Un uomo introverso e molto solitario, senza legami affettivi e senza amici, che stava quasi sempre rinchiuso in casa. Lo descrivono così a Rota Dentro, frazione di Rota Imagna, Claudio Pinto, il carpentiere milanese 37enne che nella mattinata di domenica 22 agosto ha ucciso con sei colpi di revolver il suo vicino di casa Felice Mariani, 71 anni di Melzo, in villeggiatura nella Bergamasca, e ha tentato di uccidere anche la convivente di Mariani, Giancarla Severgnini, 61 anni.

Una lite condominiale finita in tragedia che ha lasciato sconceratata la Valle Imagna e tutta la Bergamasca. Pinto, originario di Brindisi, aveva scelto la Bergamasca perchè a Locatello si è trasferito tempo fa il fratello. A Rota Dentro viene descritto come un «uomo molesto, che giorno e notte provocava nel suo appartamento molto rumore, disturbando i residenti del condominio». Già diverse volte la proprietaria dell'appartamento, dove Pinto era in affitto da luglio, gli aveva intimato di comportarsi in modo più civile, soprattutto a causa del molto rumore che provocava in orario notturno, quando accendeva a qualsiasi ora elettrodomestici, sbatteva porte e spaccava oggetti.

E il rumore dovrebbe essere stata la causa scatenante del litigio tra Pinto e la coppia di milanesi. Tutto è accaduto poco dopo le 11 all'interno del condominio di via Sesto San Giovanni 9: Claudio Pinto ha iniziato a discutere con Mariani e la Severgnini. La situazione è però degenerata: il carpentiere  è quindi entrato nel suo appartamento dove ha preso la sua pistola, una 38 Special, acquistata per uso sportivo due giorni prima in un'armeria della Valle (l'uomo deteneva regolare porto d'armi). Il carpentiere ha sparato sei colpi verso Mariani, uccidendolo sul colpo. Giancarla Severgnini è scappata al piano superiore, rifugiandosi nel suo appartamento mentre il 37enne cercava di colpire anche lei con l'arma. Contro Giancarla Severgnini, Pinto ha sparato tre colpi, mancandola fortunatamente tutte e tre le volte: i proiettili si sono conficcati nel muro del pianerottolo del condominio.

Successivamente il carpentiere ha trascinato il cadavere di Mariani nel suo appartamento e si è asserragliato in casa. Ad arrestarlo i carabinieri di Zogno e di Rota Imagna che lo hanno poi condotto nel carcere di Gleno dove sarà presto interrogato.

Sotto choc la donna, è stata prima ricoverata all'ospedale di Ponte San Pietro mentre nella mattinata di lunedì 23 agosto è stata dimessa: è quindi tornata a casa, a Melzo, accudita in questo momento di dolore dai suoi figli.

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