Il tragico schianto a Barzana
Federico non ce l'ha fatta

Federico Pellegrinelli, il 16enne di Palazzago che nel pomeriggio di lunedì 18 ottobre era rimasto coinvolto in un incidente stradale a Barzana, non ce l'ha fatta: il ragazzino è morto pochi minuti prima delle 16 nella sala di Terapia intensiva dell'Unità operativa di Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Accanto a lui il papà, la mamma, la sorella, gli zii e numerosissimi amici e compagni che gli hanno voluto tributare subito il loro ultimo salauto.

Lo schianto si era verificato intorno alle 16 al rondò di via Sorte, nelle vicinanze della birreria Ryan. Il ragazzino stava guidando la sua moto Enduro Hm quando si è scontrato frontalmente contro una Lancia Y10 guidata da un milanese di 35 anni residente a Senago. Il 16enne è stato sbalzato dalla moto ed è caduto a terra perdendo conoscenza. Con l'automedica era stato trasferito d'urgenza agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Le sue condizioni erano parse subito particolarmente gravi, andando via via peggiorando con il passare delle ore.

Una dolorosissima vicenda legata purtroppo a doppio filo con un'altra storia di dolore: l'uomo alla guida dell'Y10, dopo aver chiamato il 118 per i soccorsi, era sceso dall'auto in preda al panico, consegnando carta d'identità e patente ad un passante. Poi si era allontanato con la macchina adducendo gravi problemi personali che lo costringevano ad andare via.

Senza quindi la patente e spostando la vettura incidentata dal luogo dello schianto, si era rimesso in viaggio per poi telefonare successivamente alla Polizia stradale al fine di farsi identificare.

Nella serata l'uomo aveva raggiunto gli uffici della Stradale di via Galgario per spiegare quanto era accaduto a Barzana: ha raccontato che aveva perso il padre e che nel pomeriggio era venuto ad Almenno San Bartolomeo da una ditta di servizi funebri per scegliere la bara. L'incidente di Barzana lo aveva sconvolto e si era quindi allontanato sotto choc.

Il 35enne è stato denunciato per il reato di fuga, ma non di omissione di soccorso dato che, prima di lasciare il luogo dell'incidente, ha telefonato al 118. Accertata la mancata precedenza, gli è stata ritirata la patente: la polizia gli ha sequestrato penalmente la macchina e ha scoperto che l'uomo viaggiava con l'assicurazione dell'auto scaduta a febbraio e mai più rinnovata.

Grande appassionato di rugby, Federico Pellegrinelli faceva parte dei «Black Eagles» di Brembate Sopra, e proprio i suoi compagni di squadra sono stati i primi che mercoledì pomeriggio l'hanno voluto salutare a pochi minuti dalla sua scomparsa. Lacrime e abbracci, silenzi che dicevano più di mille parole, scambio di messaggini per «gridare» a tutti il dolore per la morte di Fede, tanto che persino il personale della Neurochirurgia, purtroppo quotidianamente a contatto con la morte, si è commosso di fronte a tanta sofferenza.

Il dolore indicibile per i genitori - il papà Giordano, impresario nel settore dell'edilizia, la mamma Rosalia Preda - e la sorella di Fede, Sara, 22 anni, studentessa universitaria, disperati per la tragedia che li ha travolti nel tardo pomeriggio di lunedì, quando il mondo è crollato loro addosso.

Per ora la salma di Federico è composta nella camera ardente degli Ospedali Riuniti e giovedì dovrebbe essere portata o nell'abitazione di Palazzago oppure a Brembate Sopra, dove la famiglia aveva abitato fino a tre anni fa e dove Federico aveva tutti i suoi amici. Ancora da stabilire la data dei funerali.

Federico frequentava la 3ª al «Engim» dei Padri Giuseppini del Murialdo a Brembate Sopra, indirizzo elettronico. Oltre che di rugby, Federico era appassionato di immersioni e domenica stava organizzando una gita a Santa Margherita Ligure con il gruppo dei sub di Ponte San Pietro

Lunedì sera Federico sulla sua Enduro Hm stava tornando a casa. Al rondò di Barzana, in via Sorte - vicino alla birreria «Ryan» -,  una Y10 gli è piombata addosso. Passava di lì un compagno di squadra e ha visto il casco sulla strada. «È come quello del Fede» ha detto alla mamma a fianco a lui. Poi l'hanno visto a terra, lo stavano intubando.

«Cos'è che si può dire?». La voce di Marco Serafini è un filo. «Era, è uno di noi» mormorava l'altra sera. «Abbiamo cominciato insieme tre anni fa e Fede è stato tra i primi tesserati». Marco, 46 anni, è uno degli allenatori dei «Black Eagles» di Brembate Sopra, la squadra del rugby giovanile fondata da Elio Taiocchi e Luigi Lasala. Figurarsi quel nome - «Black Eagles», aquile nere - come deve aver scatenato la fantasia e l'energia dei ragazzini del paese e del circondario. Un po' sport, un po' avventura, un po' sogno.

Fede scende in campo. È già legato a Brembate Sopra, dove la famiglia ha vissuto fino a qualche anno fa prima di traslocare a Palazzago. Ha la compagnia all'oratorio «Don Bosco», ha fatto qui tutti i Cre, è iscritto al corso di elettronica all'istituto di formazione professionale Engim (Ente nazionale Giuseppini del Murialdo) e qui ci sono tutti gli amici. Con tanti altri, si tuffa nei «Black Eagles».

La passata stagione l'ha giocata con il Rugby Bergamo 1950, perché a Brembate non c'è la squadra degli under 16. Però quest'anno aveva deciso che anche se non poteva scendere in partita, restava nel suo paese, tra i suoi amici, con i suoi allenatori. «L'anno prossimo ci sarà l'under 18 anche qui – dice Marco – e Fede aveva, ha detto che aspetta. Anche se quella di Bergamo è stata una bella esperienza, lui da qui non se ne vuole andare ».

«Era un ragazzino tre anni fa – piange Elio Taiocchi – e stava diventando un uomo». Sedici anni, attimo fuggente difficile e bellissimo in cui i bambini mettono le ali e Fede è uno esuberante, ma anche uno su cui puoi contare. «È un combattente, anche nella vita. È un ragazzo meraviglioso».

Martedì sera a Brembate Sopra niente allenamento: i piccoli duri del rugby si guardavano e piangevano con Marco e gli altri grandi. «Avevamo spiegato loro cosa teneva in vita Federico – dice il mister –. Gli abbiamo detto che purtroppo le speranze venivano meno di ora in ora, ma che poteva sempre esserci un miracolo».

Di ora in ora Fede peggiorava. Ma gli amici del rugby su Facebook gli dicevano che non era ancora il momento di passare la palla, che c'erano ancora tante partite da condividere, gli postavano di non mollare, di lottare come faceva sempre in campo. «Dai Fede sono con te come tutti – gli scriveva Marco Perrucchini –: hai davanti a te ancora tutto il campo, tieni la palla... non mollare». Il mister, come tutti, ieri non sapeva se scegliere il tempo passato o il presente. Scappava l'imperfetto, perché le notizie si rincorrevano al peggio. Ma poi Serafini, come tutti, ha scelto ancora il presente. Purtroppo non è bastato.

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