Il nulla non sia l'ultima parola

di Ettore Ongis
Mancano poche ore all'annuncio della «grande gioia», ma stasera, senza Yara, non sarà un Natale come gli altri, perché neppure la presenza più grande - il Signore ci perdoni - riesce in questi giorni a colmare l'assenza di un figlio.


Il sito de L'Eco di Bergamo tornerà ad aggiornarsi nella mattinata di domenica 26 dicembre. A tutti i lettori i migliori auguri di Buon Natale

di Ettore Ongis

Chiudiamo questo numero di Natale del giornale con il pensiero rivolto a Yara. Da ormai un mese la scomparsa della tredicenne di Brembate Sopra occupa le prime pagine dei quotidiani, riempie i palinsesti televisivi e opprime il cuore di tutti. La speranza che almeno la festa più bella dell'anno, nella quale si celebra la tenerezza di Dio per gli uomini, fosse accompagnata da una buona notizia sulla nostra piccola ginnasta, si è ormai ridotta al lumicino. Mancano poche ore all'annuncio della «grande gioia», ma stasera, senza Yara, non sarà un Natale come gli altri, perché neppure la presenza più grande - il Signore ci perdoni - riesce in questi giorni a colmare l'assenza di un figlio.

«Non se la prenda Dio se quest'anno più che attendere Gesù, io aspetto la mia bambina», aveva detto il padre. «Speriamo che torni per Natale», era stato l'auspicio della mamma. E invece Natale è arrivato, ma il silenzio continua. Un silenzio ricolmo di tristezza. Sarà un'impressione, ma nei nostri paesi - dalla pianura alle valli e ancor più nell'Isola, dove c'è Brembate di Sopra - questo avvenimento sconvolgente ha incrinato la voglia di festeggiare. Gli alberi illuminati nei giardini sono pochi, l'atmosfera è più mesta e più fredda che negli anni scorsi. In un certo senso, è come se con Yara ci avessero portato via anche Gesù Bambino. Il male, stavolta, ha colpito duro, ed è riuscito a scuoterci nel profondo.

Dalla sera di quel maledetto 26 novembre sono trascorse quattro settimane di angoscia, di lacrime, di indagini serrate, di ricerche infruttuose. Non si era mai visto un simile dispiegamento di uomini e di mezzi per cercare una persona. Di lei, però, ancora nessuna traccia, neppure un indizio. Chi l'ha portata via ha agito con una malvagità diabolica, se neppure la preghiera accorata di tante famiglie è finora servita a qualcosa. Ed è facile, in una situazione come questa, lasciarsi prendere dallo sconforto.

Tuttavia, anche in questa prova tremenda sono emersi segni di grande umanità che hanno fatto da argine alla paura e alla cattiveria. È a questi che oggi vogliamo guardare. Anzitutto ai genitori di Yara, che stanno portato questa pesantissima croce con una dignità e una forza incredibili.

Buon Natale, famiglia Gambirasio. Abbiamo ammirato il vostro coraggio, la fede ed anche la ferma volontà di proteggere gli altri figli dalla nostra non sempre disinteressata curiosità. Il mondo dominato dai media non concepisce più il pudore e l'attesa di una soluzione, ma così facendo contribuisce soltanto ad accrescere l'ansia. La vostra compostezza ha insegnato a noi più di mille discorsi. Poi abbiamo apprezzato la gente di Brembate Sopra, che ha condiviso la sofferenza della famiglia di Yara con un abbraccio discreto e sincero. Molte cose sono state dette, spesso a sproposito, su come il paese ha reagito a questo terribile choc.

Giudizi affrettati, venati di pregiudizio, sui quali è meglio sorvolare. Quello che resta è la partecipazione affettuosa di una comunità al dramma di alcuni suoi membri. Importante è stato anche l'impegno degli inquirenti - che non si sono ancora arresi e al cui difficile compito guardiamo con fiducia - del sindaco, dell'amministrazione e delle centinaia di volontari la cui generosità è stata davvero esemplare. Anche nei giorni di Natale e santo Stefano continueranno le ricerche.

Infine, tra le tante cose viste e ascoltate in questo tormentato periodo di Avvento, ci ha colpito in modo particolare la testimonianza del parroco di Brembate Sopra. Dal giorno della scomparsa di Yara, questo sacerdote semplice e paterno trascorre gran parte del suo tempo in chiesa in un dialogo ininterrotto con Dio, il cui silenzio è, per lui, ancora più pesante di quello degli inquirenti. Nella veglia di una settimana fa davanti ai giovani ha pronunciato parole «dell'altro mondo»: «Io non so come, ma darei la vita per Yara», ha sussurrato con le lacrime agli occhi. Chi lo conosce, sa che non si tratta di un modo di dire. Sono frasi che più di altre ci aiutano a capire quale sia il vero significato del Natale. Non una tradizionale ricorrenza familiare, non la festa dei buoni sentimenti, ma una lotta personale contro il male, che Dio per primo ha combattuto facendosi uomo, affinché nessuno di noi venga inghiottito dal nulla e perché non sia la disperazione, bensì la speranza, ad avere l'ultima parola.

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