L'Inno di Mameli al Pirellone
La Lega esce, scoppia la polemica

L'assenza della Lega in aula durante l'esecuzione dell'inno di Mameli ha fatto scoppiare la polemica in consiglio regionale. E sono molte le prese di posizione dopo che i consiglieri del Carroccio hanno messo in atto quello che avevano peraltro già annunciato.

L'assenza della Lega in aula durante l'esecuzione dell'inno di Mameli ha fatto scoppiare la polemica in consiglio regionale. E sono molte le prese di posizione dopo che i consiglieri del Carroccio hanno messo in atto quello che avevano peraltro già annunciato.

La querelle è scoppiata in particolare tra due esponenti della giunta lombarda: da una parte l'assessore alla Sicurezza, Romano La Russa (Pdl) e dall'altra il vice presidente del Carroccio e assessore all'Industria e Artigianato, Andrea Gibelli.

La Russa, fratello del ministro della Difesa, ha espresso «totale disprezzo per il gesto inqualificabile di quei consiglieri che si sono rifiutati di entrare in aula durante l'esecuzione dell'inno nazionale». «Chi non rende onore alla propria bandiera, al proprio inno e alla Patria - ha aggiunto - non può che essere definito vigliacco e la sua esistenza meschina. Non esiste e non può esistere una nazione al di fuori dell'Italia, nel nostro territorio. Ogni altra ipotesi è solo una pia illusione, per non dire una baggianata».

Immediata la replica di Gibelli: «Pensavo che gli insulti oggi non fossero contemplati e invece le parole di Romano La Russa si addicono di più alla Repubblica di Salò che all'Italia. Mi auguro che in futuro torni il sereno perchè non vorrei che i nostalgici passassero alle vie di fatto: in quel caso ci comporteremo di conseguenza».

GLI INTERVENTI
Stefano Maullu, assessore regionale e dirigente Pdl
«Non sono sorpreso né indignato per l'uscita dall'aula dei consiglieri leghisti ai primi squilli dell'Inno di Mameli. Sono sicuro che il richiamo della bouvette sia stato fortissimo e profondamente padano. Un caffè per svegliarsi e una brioche per ritemprarsi in vista di nuove e più avvincenti battaglie politiche. Siamo abituati a queste fiere e audaci prese di posizione che gli elettori ben comprendono e apprezzano. Indro Montanelli sosteneva che ai leghisti, un giorno lontano, avremmo dedicato monumenti nelle piazze a fianco di quelli di un Garibaldi o di un Mazzini. Li considerava, infatti, patrioti involontari. Disprezzando il tricolore, la Lega ci ha obbligati a ragionare sull'Italia esistente e sulla nostra identità. E questo è un merito che a loro non possiamo negare».

Gabriele Sola, consigliere regionale di Italia dei Valori (autore dell'emendamento approvato un paio di settimane fa che ha proposto di aprire, per tutto il 2011, le sedute del Consiglio regionale lombardo sulle note dell'Inno di Mameli)
«Siamo orgogliosi di aver cantato l'Inno nazionale. Stamattina, così come accadrà per tutto il 2011, questo ha rappresentato e rappresenterà un momento di condivisione tra tutte le forze politiche che si riconoscono nel sentimento dell'unità nazionale, al di là dei singoli schieramenti. Iniziare i lavori con l'Inno nazionale è una sorta di atto di ‘resistenza civile' contro tutta la propaganda, fatta di rituali e simboli al limite tra il folklore e il carnevalesco, portata avanti da quanti mirano a dividere l'Italia. Inoltre, si è trattato di un momento importante per celebrare valori nobili che fanno parte del bagaglio culturale di tutti noi come quelli dell'epopea risorgimentale. L'atteggiamento dei leghisti, che hanno scelto di non entrare in Aula durante l'esecuzione dell'Inno è stato stucchevole ed inutilmente provocatorio».

Filippo Penati (Pd), vicepresidente del Consiglio regionale lombardo
«Ha sbagliato la Lega a trasformare ancora una volta un momento emozionante in strumento di polemica. Oggi l'assemblea della Lombardia ha vissuto un momento emozionante. L'inno di Mameli è il simbolo dell'unità del nostro Paese, eseguirlo all'apertura della seduta è stato un modo per celebrare in modo degno l'unità del Paese. Ha sbagliato la Lega a voler trasformare un momento di unità in strumento di polemica».

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