Ragazzi stranieri e italiani:
l'integrazione c'è solo a scuola

Siedono nella stessa aula durante le lezioni scolastiche, ma allo squillo della campanella dell'ultima ora le loro strade si dividono. Difficile condividere il tempo libero tra ragazzi italiani e stranieri: differenti impegni e abitudini, ma anche mancanza di spazi.

Siedono nella stessa aula durante le lezioni scolastiche, ma allo squillo della campanella dell'ultima ora le loro strade si dividono. Difficile condividere il tempo libero tra ragazzi italiani e stranieri: differenti impegni e abitudini pomeridiane, ma anche mancanza di spazi extra scolastici che favoriscano l'incontro, ancora tanta la diffidenza reciproca.

È quanto emerge dai racconti raccolti nelle interviste della ricerca «Una bussola per la navigazione a vista dei figli di immigrati a Bergamo» realizzata dall'Agenzia per l'integrazione con il sostegno della Fondazione della comunità bergamasca onlus.

Uno studio volto a indagare soprattutto la percezione che gli operatori - insegnanti, educatori, famiglie - hanno delle seconde generazioni e che ha dato la parola anche agli stessi ragazzi che raccontano cosa vuol dire vivere da stranieri in Bergamasca.

Una realtà di cui tenere conto se si considera che proprio dal rapporto «Bergamo in cifre 2010» emerge che un giovane under 30 su tre è straniero. Anche il termine «straniero» poi va usato con cautela perché molti ragazzi sono nati proprio in Bergamasca.

Nelle testimonianze raccolte tra gli adolescenti emerge però che è difficile, fuori dalle ore scolastiche, trovare un terreno di amicizia e incontro con i coetanei e compagni di scuola bergamaschi.

Un ragazzo di 17 anni, originario dell'Ecuador, per esempio racconta: «Invito i miei amici italiani alla Fabbrica (lo spazio aggregativo in via San Giorgio 1) ma quando sanno che sono tutti stranieri mi dicono: no, no, no non vengo. Pensano che siamo pericolosi, che picchiamo, io gli dico no guarda che noi siamo persone tranquille, non è che siamo criminali. Ma non ci credono».

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