La tempesta prima del voto
Così i partiti perdono i pezzi

Una tornata elettorale squisitamente amministrativa, nemmeno tanto ampia nei numeri. Con - lo ripetono i partiti a destra e a manca - un gran piatto forte politico: Treviglio. Sarà. Perché se i Comuni al voto sono solo 37, la faccenda si preannuncia turbolenta.

Una tornata elettorale squisitamente amministrativa, nemmeno tanto ampia nei numeri. Con - lo ripetono i partiti a destra e a manca - un gran piatto forte politico: Treviglio. Sarà. Perché se i Comuni al voto sono solo 37, la faccenda si preannuncia turbolenta. Almeno a giudicare dalla ridda di spaccature, defezioni, screzi e rotture che serpeggiano fra i partiti, in pieno clima bipartisan.

La Lega vanta i numeri più massicci (si presenta molto, tribola molto), il Pd si spacca solo una volta, a Treviglio, ma è poi l'unico centro dove si presenta con il simbolo. Il Pdl ha le sue grane. E se i lumbard scelgono la strada delle espulsioni senza passare dal via per chi, una volta «amico», si candida in liste concorrenti, gli altri due partiti (ne parliamo nella pagina accanto) dibattono e dibattono.

Sulla scheda elettorale sono i più presenti: 17 Comuni sui 37 che a maggio andranno al voto vedono schierato il simbolo dei lumbard. Un primato. Ma non mancano le spaccature, che si consumano tutte in casa. Col risultato che nella suddetta casa c'è chi vien messo alla porta oppure - questione di punti di vista - quella medesima porta la sbatte.

Dopo Giacomo Rota, sindaco di lungo corso a Brembate Sopra, incappato in una espulsione/dimissione (sempre i punti di vista) per aver scelto di correre da solo contro la lista del suo ormai ex movimento a Ponte San Pietro, ecco il caso Ferruccio Bonacina, anche lui per tre mandati primo cittadino nel segno lumbard. L'ufficialità si è avuta con la consegna delle liste: carta canta a Palazzago il divorzio fra la Lega e un altro dei suoi militanti della prima ora, che si presenta con una sua civica.

Poi ci sono in nodi Treviglio, Gorno e Palosco. Ma senza dubbio è a ovest di Bergamo che si consumano i casi più eclatanti. Rota e Bonacina, eletti entrambi nel 1992 (il primo in autunno il secondo in primavera), hanno guidato i due paesi per tre mandati tirando poi per il quarto la volata al partito. Non fulmini a ciel sereno, le rotture: la maretta con i vertici covava. Da una parte due personalità decise e l'evidente voglia di fare da soli, dall'altra la filosofia leghista che non transige: «Impossibile che uno corra contro il movimento mantenendone la tessera, come capita in altri partiti», chiosa Cristian Invernizzi, segretario provinciale. E così adesso è ufficiale: Bonacina (secondo sindaco eletto con la Lega nella Bergamasca dopo Cene e con Castione) e Rota sono fuori dal partito.

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