Tanti a Pontida, conteggio difficile
Il popolo leghista ora vuole i fatti

Della giornata di domenica a Pontida uno è il dato incontrovertibile: sul pratone i leghisti erano tanti. Magari non gli ottantamila che snocciola l'entourage politico a fine raduno, ma la ressa c'era. Lo spiazzo pieno come una tinozza.

Della giornata di domenica a Pontida uno è il dato incontrovertibile: sul pratone i leghisti erano tanti. Magari non gli ottantamila che snocciola l'entourage politico a fine raduno, ma la ressa c'era. Lo spiazzo pieno come una tinozza (questa volta metaforica, il meteo diversamente dal 2010 è stato clemente), la Briantea ingolfata da Ponte San Pietro a Cisano.

A fine raduno, in strada è il tappo. Tanto che c'è chi fa marcia indietro: «Restiamo qui anche il pomeriggio, che il pratone è sempre bello», scantona una coppia. E zacchete: fuori il plaid per un pic-nic para-politico. Si chiamano Felice Villa e Dina Ripamonti, brianzoli, sposati da 51 anni, da 15 nella Lega. «I giornali parlavano di Lega in crisi, di contestazioni. Se non ci credessimo, nella Lega, non saremmo venuti qui così in tanti, non crede?».

Un dato è che sono tanti, l'altro che sono parecchio carichi. Più spesso che nel recente passato, in una sorta di contraltare con Umberto Bossi che interviene dal palco, si alza il coro «secessione». Il la lo dà il senatur stesso, parlando di costi della politica: «Adesso vi faccio arrabbiare. Pensate che i lavoratori di Camera e Senato hanno anche la quindicesima mensilità...». E giù cori.

Provocazione o reale richiesta? Fabio Siroco, da Pordenone, coordina le sezioni che con «secessione» hanno fatto un cartello-catena umana: «È il nostro modo per dire che ci vuole un'azione energica – spiega –. Però la vogliamo con la via del consenso».

Il coro (se ne contano otto) è sprone. «Ma i risultati che vogliamo sono quelli che Bossi ha detto dal palco. La Lega è bella decisa e lo dimostriamo», commenta Daniele Bertoni, di Treviolo.

Pungoli non ne mancano, soprattutto via cartello (uno su tutti, «meno pasticci, più coraggio»), ma stando in mezzo al pratone quello che si percepisce e che il popolo leghista pur (molto) inquieto è qui per fare quadrato. E se chiedi conto dei fischi partiti alla frase di Bossi «se votiamo adesso, vince il centrosinistra», ti guardano con due occhi così: «Chiaro che i fischi sono per il centrosinistra».

Anche Alessio Saltarelli, assessore a Palafrizzoni, ieri in pantalone mimetico, dal suo ricorda: «La legislatura prosegue, perché noi vogliamo le riforme. Ci servono i numeri e Berlusconi al momento è il meno peggio...». Ma se fai il nome del premier, c'è chi ironizza: «Berlusconi chi?».

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