Salma e Shamim, bimbe speciali
«Baba Fulgenzio» le ha salvate

Salma e Shamim sono due sorelline ospitate al Villaggio della Gioia di Padre Fulgenzio Cortesi in Tanzania. I genitori sono stati uccisi davanti ai loro occhi. «Baba Fulgenzio» come viene chiamato Padre Cortesi ha ridato a loro un po' di serenità.

Salma e Shamim sono due sorelline di 6 e 3 anni e mezzo che un'atrocità indescrivibile ha privato del dono più bello e commovente che può avere un bambino: il sorriso. Nella loro casa di Tarime, accanto al Lago Vittoria, questi due angioletti dal viso tondo si sono visti sgozzare e decapitare davanti agli occhi papà e mamma, in una delle tante e inspiegabili lotte tribali. Ma proprio quando il loro futuro sembrava essere segnato per sempre, grazie all'aiuto di un poliziotto, senza niente in mano e con un'infinita tristezza negli occhi, hanno iniziato un viaggio di speranza, percorrendo più di duemila chilometri. Così, dopo tre giorni hanno varcato la soglia del Villaggio della Gioia di Dar es Salaam, in Tanzania, il grande progetto di speranza per i bambini orfani e di strada, creato nel 2004 da padre Fulgenzio Cortesi, il missionario passionista di Castel Rozzone (che lunedì 28 novembre sarà premiato a Bergamo col Premio della Carità Regina Elena). Baba Fulgenzio (come viene amorevolmente chiamato da tutti) è un papà speciale, visto che deve badare a 107 figli, tutti dai 3 ai 16 anni. A fine mese la famiglia diventerà ancora più numerosa, arrivando a quota 120 bambini.

Il sorriso di Salma e Shamim
Per Salma e Shamim, ultime arrivate, l'8 ottobre, Baba ha lanciato una nuova sfida, quella di ridonare loro il sorriso strappato da tanta crudeltà e medicare le ferite aperte nell'anima. «Se Salma e Shamin sono con me – racconta padre Cortesi, che si trova per alcune settimane nella casa dei Passionisti della Basella – è grazie all'intervento di un bravo poliziotto che aveva prestato in passato servizio proprio a Der es Salaam e che conosce molto bene il Villaggio e tutto quello che stiamo facendo per la crescita e l'educazione dei bambini orfani. Dopo tanta sofferenza qui ritrovano il sorriso, la gioia, il riscatto, e allora, d'accordo con le autorità, ha pensato: l'unico posto per salvarle, per farle rinascere, è portarle qui, e si sono messi in viaggio». Anche per un semplice sorriso c'è molto da lavorare, ma un piccolo miracolo in questi pochi giorni dal loro arrivo padre Fulgenzio l'ha già compiuto. «Anche se il loro sguardo è ancora perso – spiega –, la piccolina ha già giocato molto con me, mi viene in braccio, accetta volentieri i lecca lecca e i biscottini perché è golosissima. La più grande fa un po' più fatica, ma già mi guarda bene e quando stavo partendo per tornare in Italia mi ha chiesto: "Papà, adesso dove vai?". E io: "Vado via solo per pochi giorni, ma poi starò sempre con te"».

Un Natale tra 120 figli
Infatti, il 20 dicembre, Baba sarà nuovamente tra i suoi ragazzi. Il ritorno periodico in Italia, infatti, da diversi anni è diventato una decisione obbligata, per sottoporsi ai controlli medici, ma soprattutto per raccogliere fondi. Padre Fulgenzio, 74 anni, lotta contro un tumore che però non è riuscito a minarlo né nel corpo né nello spirito. Dei suoi malanni parla come se fossero dettagli di poco conto, perché la cosa più importante è quello che sta facendo e che farà ancora a lungo per i suoi ragazzi in Tanzania. «Vivo con metà fegato – spiega con un sorriso – e quella metà è malata di cirrosi che però, per fortuna, si è fermata. Poi devo controllare il cuore, visto che ho un pace-maker che lo aiuta a funzionare. Ma a Natale sarò di nuovo laggiù, non posso permettermi di lasciare a casa 120 figli. Qualunque cosa mi capitasse, anche se fossi costretto a stare sdraiato su una barella, a Natale sono con loro, è sempre stato e sarà sempre così». Ma intanto, il Villaggio della Gioia, inaugurato nel 2004, continua a crescere, seguendo di pari passo la crescita dei bambini e ragazzi che lo animano, lo vivono, rendendolo un posto davvero speciale.

A gennaio le scuole superiori
A gennaio, infatti, inizieranno ad operare le scuole superiori (liceo e magistrali) che saranno frequentate non solo dai ragazzi del Villaggio, ma anche dagli studenti provenienti da fuori, come già accade per le scuole primarie. «Solo la cultura può elevare un popolo, non le multinazionali, non i mercati: quelli semmai interessano a noi. Solo studiando possono capire il mondo, formarsi delle idee ed essere uomini liberi. L'apertura delle scuole superiori sono un passo importante e l'ambizione è che molti di questi ragazzi possano poi approdare all'università: a Dar es Salaam abbiamo una bellissima università dove hanno studiato anche dei presidenti». E siccome il Villaggio, che è composto da otto case famiglia, due auditorium (uno dei quali, da mille posti è stato inaugurato il marzo scorso), chiesa, infermeria, scuole e spazi gioco, è autonomo in tutto, i prossimi interventi vedranno anche il completamento della grande fattoria che ospita 16 mucche, 50 maiali e pollai, e del frutteto. «Abbiamo messo a dimora 200 alberi da frutta tra luglio e settembre – dice Baba Fulgenzio – e questo grazie anche al lavoro di molti bergamaschi, che sia qui che nella fattoria, hanno sempre mostrato grande generosità e partecipazione». Il Villaggio della Gioia è infatti una realtà formata da 700 persone (a gennaio saranno 750) tra bambini, insegnanti, religiosi, educatori, operai, professionisti, volontari e quaranta sono i dipendenti fissi e stipendiati.

Le mamme degli orfani
Intanto uno dei più grandi progetti che padre Cortesi, con la tenacia che lo ha sempre contraddistinto, si era prefisso di raggiungere, è ormai una solida realtà. Sono «Le mamme degli orfani», congregazione fondata da Baba Fulgenzio, che il 25 marzo ha visto la professione religiose delle prime cinque suore: giovani ragazze del posto che per vocazione si dedicheranno tutta la vita ai bimbi del villaggio, diventando le loro «madri» e potendo così dare continuità al Villaggio. «Le prossime sette suore – conclude – saranno consacrate nel marzo del 2013 e l'anno seguente ce ne saranno altre undici. Vogliamo dare una mamma a ciascuno degli orfani del villaggio, per accompagnarli in questa loro vita di risurrezione».

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