Da 20 anni lotta contro la sclerosi
Il marito di Marisa: «Aiutateci»

Eccola Marisa, seduta sul divano di casa, davanti alla torta di panna e bignè. Sorride. Eccola nella foto. Era il giorno del suo compleanno, 37 anni. Andrea, il marito, ci tiene a quella foto: «Era bella, nonostante la malattia fosse già presente nella nostra vita».

Eccola Marisa, seduta sul divano di casa, davanti alla torta di panna e bignè. Sorride. Eccola nella foto. Era il giorno del suo compleanno, 37 anni. Andrea, il marito, ci tiene a quella foto: «Era bella, nonostante la malattia fosse già presente nella nostra vita». Marisa Russo oggi di anni ne ha 45, da venti è affetta da sclerosi multipla, da quattro è distesa in un letto, ferma, immobilizzata. È uno scricciolo, una trentina di chili e un corpicino che non risponde più agli stimoli. La malattia è allo stato terminale, aggravata dai diverse polmoniti. 

Dal 10 ottobre è alla casa di cura Habilita di Zingonia, dopo un intervento al policlinico San Marco per posizionare un dispositivo gastrostomico per consentirle di alimentarsi. «Entro metà gennaio dovrà lasciare l'Habilita perché è trascorso il periodo di degenza, ma in quelle condizioni non posso portarla a casa. Sto cercando una struttura idonea, ma le liste d'attesa sono lunghissime e i costi elevati». Andrea Leonetti, il marito, non si dà pace. Ha scritto una lettera al nostro giornale per chiedere «disperatamente aiuto». E sentirsi richiamare «così veloce», lo ha reso felice. «Sono qui per lei», racconta mentre si accomoda a L'Eco. Parla della sua Marisa e si commuove: «Non c'è tempo da perdere». Lui e Marisa una vita di coppia normale l'hanno solo assaporata. I problemi con la malattia sono iniziati da subito. «Il nostro è stato un amore profondo». Un amore senza se e senza ma. «Marisa mi ha sempre detto "Andrea la mia malattia cinquanta tu, cinquanta io". Mi sembra di averla sempre fatta la mia parte. Finché ci siamo riusciti Marisa è stata a casa, le preparavo da mangiare, le frullavo tutto, la lavavo e mettevo a letto. La accudivo grazie all'aiuto di una vicina e di mia madre e poi andavo al lavoro. Ma ora tornare a casa è impossibile».

Andrea racconta di Marisa che faceva la segretaria nello studio di un avvocato a Milano («Era una macchinetta, velocissima»), del fidanzamento («L'avevo vista in foto e avevo detto ad un amico, "questa sarà mia moglie"») e poi le nozze nel 1988, la prima casa a Trezzano Rosa e il trasloco a Boltiere, in una casa a piano terra perché Marisa iniziava ad avere i primi problemi a camminare. «Il primo episodio sospetto nel 1986 – ricorda –, Marisa non riusciva a muovere gli occhi a destra e sinistra. Siamo andati dall'oculista, ma tutto è finito lì. Notavo solo che mia moglie camminava con il baricentro spostato in avanti. Nel '90 aveva perso moltissimo alla vista, le è stata fatta la risonanza magnetica e le hanno trovato delle placche al cervello. Nel '91 la diagnosi di sclerosi multipla». E da lì è iniziato il calvario. «Dal '93 Marisa non cammina più, dal '97 non è più autosufficiente. All'inizio non muoveva solo la parte sinistra, gambe e braccia. Oggi è immobilizzata, mi dice qualche parola, ma spesso è disorientata». In questi anni Andrea e Marisa le hanno provate tutte. «Dal '94 al '97 siamo stati anche in Canada per una terapia sperimentale a base di interferone e mia moglie stava meglio. Poi siamo tornati a casa perché la stessa cura le veniva somministrata tramite l'ospedale di Ginevra, finché è stata sospesa per un problema di costi». Andrea in quegli anni ha lasciato il lavoro. Ora fa l'ausiliario alla casa di riposo di Villa d'Adda, ma ha chiesto l'aspettativa per stare accanto alla moglie.

«Marisa spesso piange – racconta il marito –. Ieri mi ha detto "Andiamo a casa"...». Nella sua camera Andrea le ha messo un piccolo alberello di Natale e lei era felice. «È buona la mia Marisa e guarda avanti. Sogna di fare l'avvocato e ama leggere, specie la Bibbia». Andrea l'accontenta nelle sue richieste e spera con lei: «Anch'io guardo avanti e spero nel miracolo, che la mia Marisa possa tornare alla sua vita». Ma intanto c'è bisogno di una struttura che possa ospitarla: «Ci stiamo guardando attorno, molte hanno lunghe liste d'attesa e le rette sono alte, da 90 fino a 160 euro al giorno. Io con il mio stipendio non ce la faccio».

Il caso è seguito anche dai Servizi sociali di Boltiere. «Il Centro di assistenza domiciliare ha individuato due strutture disponibili – spiega il sindaco Osvaldo Palazzini –. Una a Brembate a 90 euro al giorno per un periodo iniziale, per poi passare a 50. E una a Capralba, sempre a 90 euro al giorno. La soluzione di Brembate potrebbe essere ottimale». Resta il problema dei costi, Andrea da solo non ce la fa. «Il caso di Marisa lo abbiamo a cuore – dice Palazzini –. Non è escluso che il Comune possa intervenire con un sostegno. Stiamo vedendo come poterli aiutare, perché qui comunque uno stipendio c'è, mentre abbiamo altri casi dove non c'è nemmeno quello».

Vanessa Santinelli

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