Speleo bergamasco all'isola del Giglio
«La nave, un mostro che toglie il fiato»

di Emanuele Roncalli
«La stabilità della nave è monitorata ogni istante. Ma nessuno può sapere cosa accadrà nei prossimi giorni». Lo dice Giovanni Merisio di Martinengo, unico bergamasco presente alle operazioni attorno alla Costa Concordia.

di Emanuele Roncalli

«La nave appare stabile ed è monitorata ogni istante dai sensori. Cosa accadrà nei prossimi giorni è difficile da stabilire, molto dipende dalle condizioni meteorologiche». Regna l'incertezza attorno alla Costa Concordia. E a parlare così è Giovanni Merisio, 35 anni, di Martinengo, tecnico, appartenente allo Speleo Club Orobico, unico bergamasco presente alle operazioni attorno alla Costa Concordia. La sua presenza è dovuta quasi a una casualità. Era uno dei tecnici più vicini al posto del disastro.

“Domenica 15 gennaio – dice – mentre mi stavo recando a Terni per una riunione sono stato allertato, assieme ad altri tecnici ed esperti. Tutti quelli che potevano raggiungere più rapidamente possibile l'isola sono stati chiamati”.

Qual è stato il primo impatto con il gigante del mare?
“Prima di arrivare sul posto, non avevo visto alcuna immagine o i servizi dei telegiornali. Quando il traghetto si è man mano avvicinato sono rimasto impressionato. Mai visto nulla di simile. Come un mostro marino infossato sugli scogli. La nave ribaltata su un fianco è un'immagine che da vicino di toglie il fiato. La prima cosa che mi sono detto è stata: “Ma come ha fatto ad arrivare lì”. Ancora oggi non riesco a capacitarmi di come possa aver raggiungo la costa. Non sta a me giudicare, né posso esprimermi su cosa possa essere realmente accaduto. Del resto il mio lavoro riguarda non la dinamica del fatto, ma tutt'altro”.

Come si svolge la sua giornata tipo? “Non ci sono orari particolari. Assieme ad altri tecnici sono impegnato nella preparazione delle attrezzature da caricare sui gommoni, destinate ai sommozzatori. In sostanza siamo di supporto ai sub, prima, durante e dopo le immersioni”. Operazioni assai delicate. “Certo, non si tratta di routine. Bisogna controllare tutto il materiale che servirà a chi si immerge nelle acque e soprattutto ispeziona il fondale”. Quante immersioni vengono eseguite mediamente ogni giorno. “Generalmente si fanno 2 o 3 immersioni. E sono impegnati una ventina di speleosub provenienti da Sicilia, Sardegna, ma anche da altre regioni. Per la loro sicurezza abbiamo anche a disposizione una camera iperbarica che abbiamo portato sull'isola”.

Il tecnico bergamasco rimarrà ancora pochi giorni sull'isola, poi farà rientro a Martinengo. Nella sua voce c'è un po' di emozione, quando gli si chiede della gente dell'isola. “E' straordinaria – conclude -. Noi siamo alloggiati presso la scuola elementare dell'Isola del Giglio, assistiti dalla Protezione Civile della Toscana. Ma la gente del posto è sempre vicina a noi. Ho visto ragazze che ci servivano la cena a scuola e poi rimboccarsi le maniche per andare a lavorare nei ristoranti della zona. Un impegno encomiabile. Loro non stanno a guardare. Alcuni giungono vicino alla costa per chiederci se abbiamo bisogno di qualcosa”. Intanto i traghetti vanno avanti e indietro. Scaricano pendolari e turisti. E tanti curiosi. Tutti lì a guardare il ciclopico scafo incagliato su uno sperone di roccia, ultima ancora di salvezza per non sprofondare nell'abisso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA