Pedretti: ho progettato casa Bossi
«Sua moglie saldò la fattura»

È il bergamasco Roberto Pedretti ad aver progettato i lavori di ristrutturazione della villa di Bossi a Gemonio: stesso intervento che sarebbe stato pagato con i soldi del partito. Pedretti, consigliere in Regione dice che le fatture erano intestate alla moglie del Senatùr.

È un bergamasco ad aver progettato l'ampliamento della villa della famiglia Bossi a Gemonio, in provincia di Varese. Si tratta della casa «incriminata»: per la sua ristrutturazione, infatti, gli inquirenti sospettano che siano stati usati soldi destinati alla Lega Nord.

Il nome del progettista è Roberto Pedretti, di Curno, consigliere lombardo eletto nel 2010 nelle liste della Lega Nord. L'esponente del Carroccio, impegnato in Consiglio regionale, ha spiegato che il progetto riguardava «l'ampliamento della villa» ed è stato effettuato «nel 2006».

In sostanza si tratta di un allargamento di circa 50 metri quadri, che riguardano «la terrazza e il seminterrato». Le fatture emesse dallo studio di Pedretti erano «intestate a Manuela Marrone», la moglie di Umberto Bossi. Per quanto riguarda la ristrutturazione vera e propria, Pedretti sottolinea di non essersene occupato e di aver curato solo la fase progettuale. Sulla bufera giudiziaria che ha investito la Lega, il consigliere regionale ha comunque tenuto a precisare: «Se c'è qualcuno che ha sbagliato è giusto che paghi».

Nato a Bergamo il 2 ottobre del 1967, Pedretti è tra i soci di uno studio tecnico di geometri a Curno. Entra nella Lega giovanissimo, a soli venti anni, e nel 1990 è già consigliere comunale a Curno di cui, tre anni dopo, diventa vicesindaco. Alle scorse elezioni regionali lombarde viene eletto nella circoscrizione di Bergamo e Provincia con 4.586 voti.

Ma non c'è solo la ristrutturazione della villa a Gemonio a essere contestata. Secondo gli inquirenti, infatti, il tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, avrebbe distratto soldi pubblici per «sostenere» le spese «della famiglia Bossi». Al suo arrivo in Consiglio regionale, ieri, Renzo Bossi, figlio del Senatùr, ha spiegato di essere «sereno», perché «di soldi dalla Lega non ne ho mai presi: non li ho presi in campagna elettorale e non li prendo adesso da consigliere». E non solo lui, ma anche la sua famiglia, visto che «deve ancora finire di pagare la ristrutturazione della casa di Gemonio», i cui lavori sono cominciati «quando il mio papà era in ospedale».

Il Trota ha aggiunto di devolvere una parte del suo stipendio al movimento, «come tutti i miei colleghi», di pagare «il leasing della macchina» e di vivere in affitto.

Anche il primogenito del leader del Carroccio, Riccardo Bossi, ha negato di aver mai ricevuto soldi dal partito: «Mi occupo di altre questioni, sono impegnato solo nello sport e sono fuori da tutte le cose del partito». Poi il pilota di Rally difende il padre Umberto: «È una persona pulita, totalmente estranea a queste storie». Ma, aggiunge Riccardo, «se poi persone intorno a lui si sono comportate male, questo non lo so». Più o meno le stesse parole del Senatur, che aveva assicurato di non aver mai speso soldi della Lega per ristrutturare casa. Anche perché, ha detto Bossi, «non non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni».

Per quanto riguarda il tesoriere del partito, Renzo Bossi ha tenuto a specificare che «i bilanci ci sono» e inoltre «c'è un consiglio federale, ci sono i probiviri che hanno un potere di controllo sull'amministratore della Lega». Insomma, all'interno della Lega esistono dei meccanismi di controllo, quindi l'amministratore non ha sempre fatto «quello che voleva, essendo stato controllato».

Solidarietà a Umberto Bossi è stata espressa dal presidente del Consiglio lombardo, Davide Boni, indagato dalla Procura di Milano per presunte tangenti. In un post su Facebook Boni ha scritto: «Lo attaccano ma Bossi non merita questo, ha perso la salute in questa battaglia, ora ha bisogno di noi e della nostra forza».

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