I cavalli da gara erano brocchi?
La disputa diventerà processo

Trotta dritta verso il processo, questa storia di compravendite di cavalli da competizione - con nomi altisonanti e costi importanti, ma accusati di essere dei brocchi -, fatta di documenti smarriti, presunte calunnie ed estorsioni, perizie firmate da veterinari di fama internazionale.

Trotta dritta verso il processo, questa storia di compravendite di cavalli da competizione - con nomi altisonanti e costi importanti, ma accusati di essere dei brocchi -, fatta di documenti smarriti, presunte calunnie ed estorsioni, perizie firmate da veterinari di fama internazionale.

Il tutto in un groviglio di querele incrociate, con un allevatore di Terno d'Isola rinviato a giudizio nei giorni scorsi a Bergamo per calunnia e falso ideologico e con la potenziale parte offesa che a Roma è stata denunciata per una presunta estorsione dallo stesso addestratore.

La vicenda si consuma nell'elegante mondo dell'equitazione e ha origine da un dilemma: sono dei ronzini i quadrupedi venduti dall'azienda bergamasca o c'è qualcuno che ciurla nel manico? È l'agosto del 2008, quando D. D., 57 anni, architetto riminese, si rivolge all'allevamento di Terno per acquistare un animale al figlio che gareggia nel salto ostacoli.

Gli viene venduta per 48 mila euro Aguilerapracht, cavalla belga che, stando alle carte processuali, si rivelerà «inadatta alle esigenze agonistiche». Il professionista romagnolo esige la permuta e nel gennaio 2009 ottiene Umadie-J, una olandese di 8 anni. Ma pure questa non è abile per il salto ostacoli. Nelle stalle dell'architetto il 18 giugno 2009 arriva Billy Von Essen, pure lui - secondo le accuse - non in grado di gareggiare, e infine, il 30 agosto 2009, Ulrich Van de Heiboss, cavallo belga di 12 anni che chiude il bailamme equino e apre le danze giudiziarie.

D. D. si ritiene bidonato e chiede a V. C., 42 anni, di Stezzano, titolare dell'allevamento di Terno, 52 mila euro tra risarcimento e rimborso. «Quel signore mi ha fregato», ribadisce l'architetto al telefono col nostro giornale. «Macché, è lui che mi ha trattato da fesso - sostiene V. C., interpellato da L'Eco -. Io gli ho venduto animali sani, lui me li riportava rotti dicendo che erano già così».

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