La storia di Luisa, malata di cancro
«Lotto anche contro la burocrazia»

Anni di malattia. Tanti, tantissimi. La metà della sua vita, praticamente, con diagnosi sempre più pesanti da digerire e da curare e quella lotta contro quella brutta bestia che ti consuma il corpo, il cancro. Ci vuole un carattere forte per combattere una guerra così.

Anni di malattia. Tanti, tantissimi. La metà della sua vita, praticamente, con diagnosi sempre più pesanti da digerire e da curare e quella lotta contro quella brutta bestia che ti consuma il corpo, il cancro. Ci vuole un carattere forte, uno spirito positivo e battagliero, una mente lucida e razionale per combattere una guerra così.

E a Luisa non mancano, anche quando sembra che la vita le richieda sacrifici sempre più grandi. Difficile accettare la condizione di ammalata, ancora più difficile non vedersi riconosciuto appieno questo stato. E così, nonostante la malattia l'abbia inchiodata al letto, alimentata solo in modo artificiale e assistita costantemente da alcune persone care, le valutazioni dell'Asl, per il conferimento dell'invalidità e dell'indennità di accompagnamento, recentemente hanno dato risultati diversi da quelli precedenti e ciò che prima le era riconosciuto ha subìto uno schiaffo.

Nel 1999 invalida permanente Una storia clinica, quella di Maria Luigia Licini di Poscante, 69 anni, conosciuta da tutti come Luisa, iniziata negli anni Settanta, con la prima diagnosi funesta. Interventi, terapie e riabilitazioni che non le hanno mai dato pace, ma che le hanno comunque permesso di vivere una vita normale, con dignità. Nel 1999 le viene riconosciuta l'invalidità permanente al 100%, con l'accredito di una piccola pensione. Passano gli anni, dentro e fuori dagli ospedali, visite, esami, operazioni. Il 2009 è l'anno più arduo, diversi interventi chirurgici, la sofferenza, terapie difficili da sostenere e un anno intero trascorso praticamente in ospedale. Si deve inoltre arrendere alla nutrizione parenterale e le forze vengono meno. Da sola non può più farcela, impossibile essere autonoma, ha bisogno di aiuto per tutto e fa richiesta per l'indennità di accompagnamento che ottiene.

Nell'ottobre del 2011, mentre le complicanze della malattia sono all'ordine del giorno, arriva la «mazzata». La commissione Asl, a marzo, cioè sette mesi prima, aveva rivisto la pratica e aveva ridotto la percentuale di invalidità dal 100 al 60. Niente più ticket, niente assistenza domiciliare infermieristica, niente più accompagnamento. È con la forza e la rabbia con cui combatte contro quel male infido che Luisa reagisce a quella che definisce un'ingiustizia insopportabile. «Ero invalida permanente e, d'un tratto, quasi miracolata, scopro di non esserlo più. Fosse stato davvero così?». La verità reale, quella che lei vive sulla sua pelle è ben diversa. Le capacità motorie sono sempre più limitate, il suo legame fisico con la sacca nutrizionale è diventato di 24 ore su 24 e i giorni terribili, in cui sta male, sono sempre più frequenti.

«Il male è attivo - dice - e per l'Asl sono guarita. Mi hanno detto che di cancro si guarisce. Sì, può darsi, ma che vita è la mia oggi?». Fare ricorso su quanto espresso nella valutazione del 2011 è un iter troppo lungo. «Vengano pure a fotografarmi» La pratica riparte da zero, con una nuova valutazione che riconosce l'invalidità al 100%, non più permanente però, ma rivedibile e senza diritto all'accompagnamento.

«Non ho mai chiesto la carità a nessuno, non ho mai chiesto assistenza di cui non avevo bisogno, non pretendo aiuti extra, ma ciò di cui ho diritto.- dice -. Le visite in ospedale, i viaggi negli ambulatori per gli esami, i ricoveri, l'igiene personale e della casa, per tutto ho bisogno di chiedere l'aiuto di qualcuno. Non ho marito e non ho figli e l'indennità mi servirebbe proprio per essere riconoscente a chi mi è vicino e non mi lascia sola». Umiliante dover dimostrare ancora una volta la malattia, perché non bastano le centinaia di fogli della sua cartella clinica. «Mi hanno detto persino di andare a Napoli, che lì l'accompagnamento me lo danno subito ? continua ?. Ma quindi vengo giudicata come uno dei tanti falsi invalidi imbroglioni? Vengano pure a fotografarmi se credono».

I risultati degli ultimi esami dicono che per Luisa la guerra contro il cancro non è ancora finita, servono ancora armi, servono altre forze, serve ancora più coraggio. E magari anche un po' di giustizia. «Queste cose non devono accadere. ? dichiara ?. Non si può agire con leggerezza nel campo della salute, della vita delle persone. Per me e per tutti i malati come me, che si trovano a combattere purtroppo anche con la burocrazia». E almeno questo, forse, potrebbe esserle risparmiato.

Monica Gherardi

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