La storia di Jacky,
grande storia d'amore

«Ma in fondo è solo un cane...». Chissà quanti leggendo dell'incredibile gesto d'amore del signor Gervasoni e di sua figlia nei confronti del loro cane finito in un dirupo a Monte di Nese, avranno commentato così la notizia.

«Ma in fondo è solo un cane...». Chissà quanti leggendo dell'incredibile gesto d'amore del signor Gervasoni e di sua figlia nei confronti del loro cane finito in un dirupo a Monte di Nese, avranno commentato così la notizia. E in parte è vero, se pensiamo a cosa accade tutti i giorni nel mondo. In qualità di educatore cinofilo è scontato il mio plauso e la mia ammirazione nei loro confronti per ciò che hanno fatto per il loro piccolo meticcio, quasi cieco cieco e ormai anzianotto.

Se vogliamo riassumere questa avventura alieto fine in una sola parola il termine più appropriato è sicuramente «amore», ma con la «A» maiuscola e con il maiuscolo anche per tutte le altre lettere che compongono la parola: pensate, un uomo e sua figlia vegliano all'addiaccio in un sacco a pelo per due notti il loro piccolo amico scivolato in un dirupo, sfidando il freddo pungente di fine anno, rinunciando anche al calore, non solo materiale, della propria casa in questi giorni di festa e di aggregazione familiare e non. No, loro non lo lasciano. Jacky, ovviamente impaurito e disperato, piange e ulula ogni qual volta i due si allontanano dal punto in cui riesce a scorgerli, o meglio riesce a captare la loro presenza rassicurante.

Provano a raggiungerlo, non riescono ad arrivare fino a lui e decidono di rimanere al suo fianco fino all'arrivo dei soccorsi che riescono a salvare il loro amico peloso e a concludere nel migliore dei modi questa superlativa dimostrazione di affetto. Amore, appunto, e nessun'altra finalità, nessun pensiero del tipo «è un campione, un riproduttore di grande valore» e nemmeno «è un esemplare da soccorso, o da pet therapy». Jacky è solo un piccolo meticcio anziano, probabilmente uno di quei soggetti che definiamo simpaticamente «cani da divano».

Ma questo articolo non ha la sola finalità di incensare un gesto di per sé splendido, anzi, vuole essere una riflessione dedicata, appunto, a chi pensa «...è solo un cane!» riguardo ciò che rappresenta per tanti proprietari, (che sempre più spesso preferiscono essere definiti «compagni») colui che per definizione è il nostro migliore amico. È la stessa riflessione che feci qualche anno fa in occasione di un'altra storia riportata dalle pagine del nostro giornale, ma con dei risvolti e un esito completamente diversi: allora, pensate, si tratta va di un cucciolo di pastore australiano investito sotto gli occhi della sua padroncina da un'automobilista che neppure si degnò di fermarsi. Oggi posso proporvela con un finale da urlo! Il cane è una creatura davvero importante per noi umani, e non mi riferisco solo agli eroi a 4 zampe che salvano le nostre vite, che accompagnano i non vedenti o che aiutano gli anziani e gli ammalati a ritrovare la gioia di un sorriso. Spesso il nostro cane diventa una piccola parte di noi che vive al di fuori del nostro corpo, una sorta di «io aggiunto» giocherellone, pauroso, geloso, (e raramente anche mordace...), che rispecchia fedelmente alcuni lati del nostro carattere, anche quelli che cerchiamo di nascondere perchè ce ne vergogniamo un po', quasi capissero le frustrazioni, le ansie e le speranze che giacciono nei più reconditi anfratti della nostra anima.

Sono i nostri fedelissimi tifosi, sempre pronti a sostenerci nelle vittorie e nelle sconfitte, nella ragione e nel torto. Sanno capirci, e leggono il nostro stato d'animo meglio del miglior psicologo sulla piazza. Per questo a volte ci consolano con una dolcezza incredibile, e a volte ci fregano con una scaltrezza degna del più navigato truffatore. Ci danno tutto quello che possono perchè noi siamo il loro «tutto», il loro branco, il centro del loro mondo. Per questo, a differenza nostra, un cane non potrà mai pensare «...ma in fondo è solo un uomo!». E ci sono appunto dei «compagni di vita», come la famiglia Gervasoni, che creano un legame così unico e puro con i propri quattrozzampe che li porta al punto di arrivare a ciò che hanno fatto per il loro Jacky. Concludo facendo un appello a coloro che, magari un po' stizziti, si chiederanno se fosse il caso che i volontari del soccorso alpino intervenissero in massa per salvare un cagnolino: almeno per questa volta chiudete un occhio, chiudeteli anche entrambi se reputate sia il caso, e godetevi il lieto fine di questa che, a tutti gli effetti, ha il sapore buonissimo e dolce di una favola di Natale. Grazie famiglia Gervasoni, grazie volontari del soccorso, grazie Jacky!

Paolo Bosatra

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