Il gip: «Fikri non è l'omicida
ma forse copre chi ha ucciso Yara»

Per 26 mesi e mezzo è rimasto a galleggiare nell'inchiesta-bis sul delitto di Yara Gambirasio, nel ruolo kafkiano dell'indagato per omicidio pur non essendo l'omicida, visto che il raffronto del dna l'aveva scagionato dopo il ritrovamento del corpo della tredicenne.

Per 26 mesi e mezzo è rimasto a galleggiare nell'inchiesta-bis sul delitto di Yara Gambirasio, nel ruolo kafkiano dell'indagato per omicidio pur non essendo l'omicida, visto che il raffronto del dna l'aveva scagionato dopo il ritrovamento del corpo della tredicenne di Brembate Sopra.

Da venerdì 22 febbraio la posizione giudiziaria di Mohammed Fikri torna nell'alveo del buon senso, con il marocchino che sveste i panni del presunto assassino e però precipita nel nuovo fascicolo che il pm Letizia Ruggeri ha dovuto aprire per favoreggiamento personale.

E cioè: il maghrebino non ha sicuramente ucciso la ragazza, ma «appare verosimile che sia stato e sia tuttora spinto, quali che siano i motivi che lo hanno determinato (paura, rapporti economici, legami amicali, ecc.), a nascondere ciò che ha visto o di cui è venuto a conoscenza, per proteggere e/o favorire la persona che ritiene in qualche modo coinvolta nel delitto».

È l'effetto dell'ordinanza del gip Ezia Maccora, 24 pagine scritte in punta di diritto e partorite in una settimana di semi-clausura lavorativa. Con la quale il giudice dispone l'archiviazione del fascicolo per omicidio a carico del nordafricano, come richiesto per due volte dal pm, ma nel contempo trasmette gli atti alla Procura «al fine di procedere alla iscrizione di Fikri nel registro delle notizie di reato di cui all'art. 378 c.p. (favoreggiamento personale, ndr) e dar corso a ogni conseguente attività investigativa».

Che non ci fossero gli elementi per insistere sulla tesi dell'omicidio nei confronti del nordafricano lo si era capito già pochi giorni dopo il 26 febbraio 2011, quando il cadavere di Yara fu scoperto nel campo di Chignolo e partirono le comparazioni genetiche. «La traccia di Dna estrapolata dall'esame degli indumenti della vittima non corrisponde a quella dell'indagato», scrive il gip Maccora.

Non solo. Dalle celle telefoniche non risulta che Fikri sia stato nel prato dove la ragazza morì la stessa sera in cui venne rapita. Infine, districandosi tra le controverse traduzioni e anche ammettendo che Fikri abbia pronunciato al telefono la frase che da sempre rappresenta il maggior sospetto a suo carico, ci si troverebbe di fronte a un auto-scagionamento: «Allah, perdonami, non l'ho uccisa io».

Per contro, in tema di favoreggiamento, il gip ha riscontrato «incongruenze» che due anni e passa d'indagine non sono bastati a cancellare. Il sospetto è che il nordafricano abbia visto qualcosa mentre stava lavorando nel cantiere del nuovo centro commerciale di Mapello, là dove avevano portato i cani molecolari impegnati nelle ricerche. Un dubbio tenuto in piedi da coincidenze, orari compatibili, celle telefoniche, conversazioni e comportamenti che non convincono sino in fondo.

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di sabato 23 febbraio

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