Le «Poverelle» morte di Ebola
Si apre la causa di beatificazione

Nel 1995 furono colpite in sei dall'epidemia scoppiata a Kikwit, in Congo, per aver voluto restare vicino ai malati. La Santa Sede ha autorizzato il procedimento: verrà aperto il 28 aprile nella diocesi africana.

Era l'aprile del 1995, improvvisamente il mondo scoprì le suore delle Poverelle di Bergamo. A Kikwit, nel Congo, le suore missionarie lottavano contro il terribile e misterioso virus Ebola. Lottavano e morivano. Una dopo l'altra, sei suore delle Poverelle persero la vita dopo avere contratto il virus nei padiglioni dell'ospedale di Kikwit.

Morirono insieme a centinaia, migliaia di congolesi. Sapevano della malattia, ma non vollero lasciare il proprio posto. Diciotto anni dopo, il 28 aprile prossimo, verrà ufficialmente aperta la procedura di beatificazione.

La suora delle Poverelle che porterà avanti la causa è suor Linadele Canclini. Suor Linadele parla in questa saletta del centro studi delle Poverelle, in via San Bernardino, in città. Con lei suor Charlotte Madiambu, congolese, e suor Gabriella Lancini.

La vicenda delle suore delle Poverelle nel 1995 scosse il mondo, fu un sacrificio che colpì profondamente. Ma la causa di beatificazione parte ben diciotto anni dopo.
«Era necessaria una riflessione, era importante superare l'impatto emotivo di quella vicenda. Senza mai dimenticarla. Tre anni fa abbiamo realizzato un libro, in occasione dei quindici anni del sacrificio, ha per titolo "L'ultimo dono", questo libro ha suscitato molti riscontri, molta emozione. Non abbiamo mai dimenticato, no. Nel tempo abbiamo raccolto testimonianze, la congregazione ha vissuto in maniera forte, sempre, il loro esempio. Ci ha spronate nella nostra missione. Un altro segno fu un convegno a Roma, un paio di anni or sono, promosso dal pontificio consiglio, per gli operatori sanitari. In quell'occasione tante persone ci chiesero delle nostre suore morte per Ebola. Persone di tutto il mondo. Anche questo ci fece riflettere».

Avete sempre pensato in maniera concreta alla possibilità di una beatificazione?
«Sì. Il loro esempio è stato troppo forte, troppo importante. Per questo abbiamo portato avanti in maniera metodica la ricerca di testimonianze. E sempre ci rendevamo conto che il loro esempio era vivo, fra noi, nella gente del Congo. Quando raccoglievamo testimonianze in Congo rimanevamo colpite dall'atteggiamento della gente, dall'entusiasmo, dal constatare quanto fosse presente il ricordo, e la gratitudine. E ci convincevamo che le nostre sei consorelle avevano incarnato il carisma del nostro fondatore, il beato Luigi Palazzolo, in maniera completa».

Qual è il carisma del Palazzolo?
«Stare con gli ultimi, sempre, immergersi fra gli ultimi. Prenderli per mano. Senza guanti».

Quali passi sono stati fatti per avviare la causa di beatificazione?
«La congregazione delle suore delle Poverelle si è decisa a chiedere l'avvio della causa al vescovo di Kikwit. Il vescovo ha sentito la conferenza episcopale del Congo che ha dato il suo assenso. Poi la domanda è stata inoltrata alla Santa Sede che l'ha verificata e poi attraverso la congregazione per le Cause dei santi ha concesso il nulla osta per avviare il procedimento. In questo itinerario emerge in maniera forte il senso di Chiesa, di comunità dei fedeli».

A questo punto?
«Ora comincia l'inchiesta diocesana vera e propria che sarà compiuta nella diocesi di Kikwit dove le suore erano impegnate. Pensiamo sia la prima volta che sia avvia un procedimento di questo tipo in questa diocesi. D'altro canto il vescovo di Kikwit ha chiesto al vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, di avviare anche qui una parte di inchiesta, detta "rogatoriale" che poi confluirà a Kikwit dove il tribunale ecclesiastico esaminerà anche i documenti bergamaschi».

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