Pomesano e la tragedia di Boston
«Non si può rovinare tutto così»

«È un'America di nuovo toccata nel profondo, un'America irreale, un'America scossa». Scosso dalla tragedia dell'attentato di Boston è anche Andrea Pomesano, 43 anni di Ponte San Pietro. Fa il medico del lavoro, corre per passione.

«È un'America di nuovo toccata nel profondo, un'America irreale, un'America scossa». Scosso dalla tragedia dell'attentato di Boston è anche Andrea Pomesano, bergamasco 43enne di Ponte San Pietro. Fa il medico del lavoro, corre per passione.

«La vigilia della maratona era stata una festa per tutti; la gara è stata una gioia anche per me, perché il pubblico mi ha sostenuto dal primo metro all'arrivo. Oggi invece siamo qui, in silenzio, a guardarci in viso, a cercare di capire cosa è veramente accaduto».

Pomesano ci racconta le sue sensazioni al telefono, mentre cammina circospetto nelle vie attorno al suo albergo, dopo essere stato «rilasciato» dalla reclusione forzata decretata dalla polizia subito dopo le esplosioni. «Domani (mercoledì, ndr) dovremmo rientrare: sembra che i voli siano garantiti perché ci hanno detto che l'aeroporto è stato controllato ed è sicuro».

Il suo primo pensiero, lunedì pomeriggio, quando in Italia era ormai notte, è stato quello di chiamare casa per tranquillizzare tutti. Alla mamma e al papà Mario - molto conosciuto a Bergamo perché è stato fino a una decina di anni fa segretario generale della Camera di Commercio - ha raccontato i primi istanti di questa tragedia.

«Stiamo tutti bene, anche mia moglie Elena e Lorenzo». Il figlio di Andrea - che della corsa ha fatto la passione di una vita, partecipando a maratone illustri in mezzo mondo, come quelle di New York, Londra, Berlino - ha otto anni: «Quando ha capito cosa sta accadendo non ha più voluto uscire dall'albergo. Andiamo fuori solo per il pranzo e la cena».

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