Abusi sulla figlia: operaio assolto
L'accusa della 12enne non regge

Forse aveva voluto impietosire la professoressa, o forse giustificarsi ai suoi occhi dopo il brutto voto rimediato in geografia. Così aveva cominciato a costruire un castello di gravissime accuse contro il padre, che è crollato con la sentenza del gup.

Forse aveva voluto impietosire la professoressa, o forse giustificarsi ai suoi occhi dopo il brutto voto rimediato in geografia. Così aveva cominciato a costruire un castello di gravissime accuse contro il padre, che è crollato mercoledì 29 maggio con la sentenza del gup Alberto Viti: l'uomo, un operaio argentino di 41 anni, è stato prosciolto in abbreviato dall'accusa di violenza sessuale.

La vicenda si consuma nel 2010 in un paese dell'hinterland orientale di Bergamo. La ragazzina, all'epoca dodicenne, frequenta la seconda media e succede che durante una verifica di geografia le piova addosso un voto umiliante: «3». Lei ci resta male, prova a dare una spiegazione che a un certo punto sconfina nella materia penale.

L'insegnante che raccoglie la sua confidenza all'inizio rimane allibita. L'alunna racconta che nel 2005, quando aveva sette anni, il genitore era solito toccarla nelle parti intime. La docente le chiede di scriverglielo in una lettera-confessione, che poi consegnerà agli assistenti sociali.

Partono così la segnalazione in Procura e la successiva inchiesta. Nella quale l'operaio argentino precipita con un'accusa infamante: aver rivolto la propria morbosità sulla figlia bambina. L'uomo cade dalle nuvole, respinge le contestazioni. La ragazzina viene sentita dagli inquirenti per quattro volte. Conferma sempre la sua versione, ma ogni volta il castello d'accuse perde qualche pezzo, viene ridimensionato.

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