«Rabbia al volante»
È una vera epidemia

La «road rage», la rabbia al volante, è un fenomeno che ha ormai assunto proporzioni epidemiche; si passa dai gesti maleducati agli insulti, dalle minacce alla guida deliberatamente pericolosa. Fino alle conseguenze più gravi.

La «road rage», la rabbia al volante, è un fenomeno che ha ormai assunto proporzioni epidemiche; si passa dai gesti maleducati agli insulti, dalle minacce alla guida deliberatamente pericolosa. Con un finale è già scritto, fatto di dispute, aggressioni e scontri capace di produrre lesioni, fino alle conseguenze più gravi.

Dalla prima comparsa di un'automobile, nel XIX secolo, il progresso ha portato a produrre vetture sempre meno fragili, a costruire strade sicure, a studiare procedure mediche d'urgenza efficaci e decisive. Ma a fronte di tutto ciò, il numero di vittime della strada non accenna a diminuire, anzi. La prima responsabilità, manco a dirlo, va ricercata nel fattore umano, dall'imprudenza alla negligenza, dall'incapacità al mancato rispetto delle norme; quanto alla variabile «uomo», troviamo, di diritto, la rabbia al volante.

Scarsa consapevolezza
La «road rage» raccoglie una serie di comportamenti, a cominciare dagli insulti e dalle minacce, espresse sia verbalmente che attraverso la mimica e la gestualità; si passa poi all'uso aggressivo di fari e clacson, a guidare ad alta velocità sfiorando le altre auto, tagliando loro la strada o impedendogli di cambiare corsia. Ancor più violenta è la condotta dei «road rager» che si mettono a inseguire altri guidatori, che lanciano oggetti dal finestrino a mo' di proiettili, che causano volontariamente una collisione tra veicoli, o li colpiscono direttamente. Infine, la rabbia al volante tocca il suo apice quando un conducente esce dalla propria vettura per iniziare uno scontro, aggredendo altri guidatori, i loro passeggeri, ma anche ciclisti e pedoni, in un assalto portato a mani nude, con mezzi contundenti o, addirittura, armi bianche e da fuoco. Secondo gli studi internazionali, almeno l'ottanta per cento degli automobilisti è stato coinvolto in almeno un episodio di rabbia al volante, dal più leggero al più grave. Dato ancor più interessante, se il settanta per cento ammette di avere causato problemi ad altri, solo il 14% mostra qualche forma di rammarico o pentimento, identificando nel cattivo umore la causa della propria condotta aggressiva. Per giustificare l'incremento dei casi, sono stati chiamati in causa tre insiemi di fattori; innanzitutto ci sono gli elementi socio-ambientali, come la crescita della popolazione e la conseguente congestione del traffico, unita a una carente progettazione del sistema stradale. Poi ci sono i fattori legati a disturbi mentali; dalla fine degli anni novanta, psicologi e psichiatri hanno iniziato a sostenere che la «road rage» sia una vera e propria malattia mentale, e che la patologia più frequentemente associata alla rabbia al volante sia il Disturbo Esplosivo Intermittente; chi ne è colpito presenta occasionali episodi in cui è incapace di resistere agli impulsi aggressivi, distruggendo proprietà, o commettendo gravi fatti di violenza. Il grado di aggressività manifestato durante un episodio, è notevolmente spropositato rispetto a qualsiasi provocazione o fattore stressante; non è nemmeno il risultato diretto dell'uso di sostanze come alcol e droghe. Il terzo insieme di fattori chiamato in causa per spiegare la «road rage» è quello legato alle abitudini culturali; la rabbia troverebbe perciò origine da un decadimento nei valori morali, dall'assenza di rispetto verso gli altri, e costituirebbe una forma di «maleducazione mobile».

Convinti di non sbagliare

Un ulteriore elemento riguarda il meccanismo della negazione: la maggior parte delle nostre azioni di guida sono automatiche, fatte di gesti inconsapevoli appresi in anni di esperienza. Questo può condurre a fidarci troppo delle nostre capacità, minimizzando gli errori. E se qualcuno ce li fa notare, abbiamo la forte tendenza a negarli, a prendere le contestazioni come eccessive, o peggio malevole. La negazione ci porta a sentirci indignati, e ci sentiamo così autorizzati a rispondere con comportamenti di rivendicazione e punizione. Nella stessa direzione operano i bias auto-confortanti; quando succede un incidente, la colpa dev'essere di qualcuno. La tendenza ad attribuirla agli altri è ingiusta ma comune, e ci porta a perdere facilmente obiettività di giudizio. Il fatto è che i pregiudizi sono difficili da scalfire, anche perché li apprendiamo ancora prima di avere l'età per la patente. Fin da piccolo siamo stati esposti a tutta una serie di valutazioni al volante espresse dai nostri genitori o dagli altri adulti con cui ci siamo trovati a viaggiare su un'auto. E tutto questo si è rinforzato con l'immagine negativa degli automobilisti trasmesse da cinema e TV. Va poi aggiunto che, tradizionalmente, i corsi di scuola guida insegnano alcuni principi generali di sicurezza, con poche ore al volante accanto a un istruttore, ma non si occupano di emozioni e di gestione del controllo.

Mai cedere alle provocazioni
La maggior parte dei guidatori non professionisti non è abbastanza formata alle competenze cognitive, nello specifico le corrette abitudini di pensiero e giudizio nelle situazioni difficili; ma nemmeno è preparata sul piano affettivo, alle buone abitudini di atteggiamento e motivazione. Illustrati i potenziali problemi di ciascun guidatore, è fondamentale sapere cosa fare con un automobilista in preda alla rabbia. La prima regola, e anche la più importante, è quella di non cercare mai un contatto oculare con un guidatore arrabbiato. Un'occhiataccia è il segnale di sfida che l'altro aspetta per ingaggiare una pericolosissima battaglia. Siate educati e cortesi, anche se l'altro non lo è, e prima di reagire a qualunque provocazione, chiedetevi sempre, «Vale la pena di rischiare la vita solo per vendicarmi di un cretino?» Se non basta, allontanatevi in modo sicuro e appena possibile; prendete la prima svolta e scegliete una strada alternativa per raggiungere la vostra destinazione. Nel caso che il guidatore arrabbiato tenti di seguirvi, è probabile che il suo livello di aggressività aumenti, quindi non dirigetevi verso casa, ma piuttosto a un incrocio dove trovare indicazioni verso la più vicina stazione dei carabinieri o il commissariato di polizia. In ogni caso, non sottovalutate mai la capacità di un «road rager» di farvi del male.

Massimo Picozzi

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