Una carriera dedicata all'ospedale
Lascia il «re» della neurochirurgia

Schivo fino a diventare una «leggenda», in corsia e fuori dall'ospedale, appassionato del suo lavoro tanto che di lui si è detto: «Vive in sala operatoria». Degli ex Riuniti lui è stato una «colonna portante» per 42 anni. Biroli va in pensione.

Schivo fino a diventare una «leggenda», in corsia e fuori dall'ospedale, appassionato del suo lavoro tanto che di lui si è sempre detto: «Vive in sala operatoria». Degli ex Ospedali Riuniti lui è stato una «colonna portante», con 42 anni di carriera tutti nell'ospedale bergamasco per eccellenza, prima da giovane medico fino ai vertici della Neurochirurgia: Francesco Biroli, classe 1946, considerato nell'ambiente medico internazionale uno dei «geni», in particolare della chirurgia di alcuni tumori della base del cranio, è andato in pensione.

Una carriera tutta a Bergamo: dire che lei è una delle pietre portanti dell'ospedale non è piaggeria.
«Non sono abituato a parlare di me. Certo, la mia presenza in ospedale è stata una costante. Ma non sono rimasto perché sono uno statico, anzi. Sono nato a Bergamo città, ma la mia permanenza ai Riuniti aveva un motivo: dopo la laurea a Pavia (110 lode e pubblicazione della tesi ndr), mi sono specializzato in Neurochirurgia. Avevo già fatto esperienze in Traumatologia e in Chirurgia, ma era il cranio a interessarmi. Ai Riuniti ci sono arrivato nel 1971, all'epoca a guidare la Neurochirurgia c'era Valentino Cassinari, un luminare. Sono rimasto qui per lui, per imparare da lui. Non avrei potuto avere maestro migliore».

Lei poi ha preso il suo posto da primario. E in questi anni ha formato decine di chirurghi. Nella Neurochirurgia avere guide eccellenti è fondamentale?
«Sì, poi, dopo un breve periodo presi io il posto di Cassinari. Nel nostro lavoro è importante il lavoro di squadra, quanto siamo riusciti a fare nel campo della Neurochirurgia è stato possibile solo perché abbiamo sempre lavorato in équipe: si pensa sempre che il chirurgo sia il pilastro portante della specialità, ma non è solo così. La Neurochirurgia affronta patologie molto complesse, in particolare i tumori, e per me è stato vitale l'apporto degli otorinolaringoiatri, dei neuroradiologi, dei neurofisiopatologi, che fanno il monitoraggio delle funzioni cerebrali, dei neurologi in particolare nella fase diagnostica, dei neuroanestesisti, dei neuroriabilitatori. E di tutta l'équipe degli infermieri: la Neurologia dei Riuniti ha potuto sempre contare su una squadra di infermieri magistrale. Certo, è importante anche avere dei maestri neurochirurghi, ma senza il lavoro di squadra in questa specialità non si va da nessuna parte».

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