Dal Minnesota a Bergamo
Un «cervello» rientra in Italia

A volte ritornano. Sì, quei «cervelli» che l'Italia continua a perdere perché emigrano all'estero dove la ricerca, lo sviluppo di progetti sono meglio foraggiati e sostenuti, dove i giovani di talento possono mettersi alla prova.

A volte ritornano. Sì, quei «cervelli» che l'Italia continua a perdere perché emigrano all'estero dove la ricerca, lo sviluppo di progetti sono meglio foraggiati e sostenuti, dove i giovani di talento possono mettersi alla prova senza doversi districare tra ostacoli burocratici, lunario da sbarcare, ogni tanto scelgono di fare dietrofront.

Uno è Diego Bellavia, 38 anni, palermitano d'origine, medico specializzato in Cardiologia sempre a Palermo e poi dal 2005 emigrato negli Usa perché accolto, per un programma di ricerca alla prestigiosa Mayo Clinic in Minnesota, il «tempio» della medicina mondiale. La Mayo Clinic è un'organizzazione no profit per la pratica e ricerca medica che si trova in tre aree metropolitane degli Stati Uniti: Rochester nel Minnesota, dove appunto ha lavorato e studiato Diego Bellavia, Jacksonville in Florida e Phoenix in Arizona.

Ora Diego Bellavia da meno di un mese è di nuovo in Italia, accolto con una originale formula di contratto (resa possibile dai finanziamenti per la ricerca sullo scompenso cardiaco della Fondazione Credito bergamasco) all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «In realtà a tornare in Italia ci pensavo già da qualche anno. E ci avevo provato più volte: inutile dire che in questi tentativi ho accumulato delusioni. Al Papa Giovanni XXIII ci sono arrivato quasi per caso, e devo dire la verità, non ci speravo quasi più: grazie ai contatti che alcuni miei capi americani avevano avuto con Michele Senni, direttore della Medicina cardiovascolare di Bergamo, mi sono detto: perché non scrivergli? L'ho fatto, mi ha risposto, ed eccomi qui».

Ma perché, dopo anni ormai consolidati alla Mayo Clinic, fare marcia indietro? «Non è una marcia indietro. L'America per chi ha tra i 20 e i 35 anni è il massimo, per approfondire conoscenza e acquisire specializzazione. Ma non può essere tutto: per noi europei, per noi italiani, una vita votata solo e soltanto al lavoro, con i contatti personali limitati alla vita professionale non può essere sufficiente.

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